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Turni massacranti di oltre dodici ore, personale sotto organico, stipendi bassi rispetto al resto d’Europa. Le sirene dall’estero e la tentazione di emigrare per vedersi riconosciuto il proprio ruolo. Ma in piazza Santi Apostoli a Roma, nel giorno dello sciopero e della manifestazione di medici, infermieri e ostetriche contro la manovra del governo Meloni e i tagli alla Sanità pubblica, c’è chi sceglie di continuare a protestare: “Un messaggio da mandare al governo? Mi sento più di rivolgermi agli italiani: venite in piazza a lottare insieme a noi. Non ci va di andare fuori, salviamo insieme il Sistema sanitario nazionale, tuteliamo la sanità pubblica”, è l’appello rivolto da una giovane medico specializzanda in ginecologia.
“Da anni i tagli alla Sanità hanno provocato una riduzione di personale e servizi, con i cittadini costretti a tempi di attesa infiniti, o a rivolgersi al privato. Noi cerchiamo di sopperire in corsia, negli ospedali, diminuendo i tempi, ma non possiamo fare una prima visita in 15 minuti. Serve raddoppiare ambulatori e personale. I cittadini sappiano che noi siamo le prime vittime, come loro, di un sistema sanitario che non funziona”, rivendica. Non è l’unica a scegliere di mobilitarsi: “Altro che eroi, oggi siamo dimenticati. Sono un giovane medico in formazione, oggi è necessario scendere in piazza perché ormai la politica sorda ci sta facendo assistere a un unico disegno, quello della privatizzazione. Eppure abbiamo visto durante la pandemia, in fase di emergenza, come il privato non sia stato in grado di garantire cure e servizi in modo efficiente. Grandi strutture hanno chiuso i battenti, tutto si è riversato su una sanità pubblica lasciata nel declino”, c’è chi rivendica.
In piazza anche gli infermieri: “Che ci sia una chiara volontà di favorire la sanità privata lo si vede dai tagli e dagli ultimi provvedimenti presi , ma non resteremo a guardare lo smantellamento di un diritto costituzionalmente tutelato“, si rilancia. Così come hanno manifestato le ostetriche: “I nostri stipendi sono bassi rispetto al lavoro che facciamo, siamo anche noi sempre sotto organico e sottoposti a turni infernali, così non si può andare avanti”.
Per Quici (presidente della Federazione Cimo-Fesmed), “il successo dello sciopero di oggi è indicativo del disagio dei medici”. E ancora: “Negli ospedali di tutta Italia sta montando un grande movimento di protesta che non si esaurirà con la manifestazione di oggi, è soltanto l’inizio. Oggi il governo continua con la stessa tendenza, si finanziava poco, si insiste a non finanziare in modo adeguato. Eppure, ci sono 90 miliardi di evasione fiscale, il 43% degli italiani non paga le tasse, 7 miliardi non sono recuperati dai giochi online. Tante risorse potrebbero essere recuperate per rilanciare non soltanto la sanità, ma l’intero Paese”, è l’appello.
“C’è la fuga di tanti colleghi verso l’estero, i nostri concorsi vanno deserti quando un tempo, 30 anni fa, un posto in ospedale era considerato un enorme privilegio. Ma oggi non avrei motivi per consigliare a un giovane collega di restare per lavorare in un ospedale pubblico”, denuncia un medico cardiologo ormai vicino alla pensione. “Siamo considerati un bancomat dove riscuotere soldi sicuri. Ho cominciato a versare quando Meloni andava all’asilo. Ora vorrebbero tagliarmi la pensione di un terzo? Questa è una truffa”, spiega un altro medico. Eppure, al di là del quadro, c’è chi sceglie di lottare: “La tentazione di andare via è molta, ma se restiamo qui è perché crediamo nella sanità pubblica“. Ma c’è anche chi è quasi rassegnata: “Una mia collega andrà in Spagna a gennaio, devo dire che se non cambierà la situazione lascerò questa possibilità aperta anche io”. Altri hanno pure fatto il percorso opposto, ora delusi: “Ho cercato di riportare in Italia le competenze acquisite, ma qui siamo considerati molto meno che altrove”, spiega un medico abruzzese. Per tanti la protesta è appena iniziata: “Ho l’abilitazione in Svizzera, potrei cambiare subito. Ma ci tengo a salvare questo sistema. Questa volta non ci fermiamo”.