di Sergio Ciliegi

Io ritengo che il dibattito sul premierato vada affrontato per quello che il premierato può comportare; quindi una riflessione di merito, non distorta dalla collocazione politica di ciascuno. Dovrebbe essere – lo dico con il dovuto rispetto per tutti – un confronto scevro da pregiudizi di natura politica. Io sono di sinistra e amo la Costituzione, ma sono ben consapevole che qualsiasi sua riforma adottata con le procedure di revisione di cui all’art. 138 è perfettamente legittima: l’art. 138 l’hanno scritto i sempre invocati Padri costituenti.

Detesto politicamente Meloni e la sua squadra, ma non posso negare che la sovranità popolare di cui all’art. 1 Cost. sia stata sostanzialmente vanificata con l’abolizione del voto di preferenza, le pluricandidature e le liste bloccate. E di questo sono responsabili tutti i partiti presenti in parlamento, da destra a sinistra, salvo i 5stelle (lo dico come dato di cronaca e non politico) che non c’erano quando furono abolite le preferenze con la riforma firmata da Mattarella e le successive, e non hanno votato il cosiddetto Rosatellum.

Quindi dire no al premierato perché lo propone Meloni secondo me rischia di essere una sterile battaglia di bandiera, soprattutto se parliamo dei partiti corresponsabili dell’abolizione del voto di preferenza. E altrettanto sterile mi parrebbe opporsi richiamando l’abuso della decretazione d’urgenza del governo Meloni, perché dei decreti legge hanno abusato tutti i governi. Molti costituenti lo temevano e la discussione in Costituente fu molto serrata, visto che parte dell’assemblea era contraria a questo istituto, temendone appunto l’abuso, con sostanziale e impropria assunzione di potere legislativo da parte del potere esecutivo, nonostante l’obbligo di conversione. E va anche detto che l’abuso dei decreti legge non ha incontrato contrasto da parte dei presidenti della Repubblica, ivi compreso quello in carica, che garanti della Costituzione non mi pare siano stati.

Stando così le cose, se il centrosinistra si barrica dietro un “non se parla proprio” perderà in parlamento e nel Paese e avremo una riforma a immagine e somiglianza del centrodestra. Quindi la strada da percorrere, secondo me, non è quella della battaglia di bandiera (persa in partenza) ma quella dell’accettazione del confronto, cercando (almeno tentare) di dar vita ad un clima costituente.

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