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Fratelli di Trenitalia: quanto è bello sentirsi potenti

Fratelli di Trenitalia: quanto è bello sentirsi potenti
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di Paolo Gallo

L’assenza di una larga e diffusa indignazione sul caso Lollobrigida-Ferrovie dello Stato è sintomo che i 30 anni di berlusconismo hanno compiuto il lavoro immaginato, pronosticato ed atteso: l’abbattimento delle sinapsi, di quel ponte che consente di trasmettere l’impulso elettrico da una cellula all’altra.

Il pensiero critico è, ormai, una linea retta, senza picchi di stimoli nelle teste dei più. Dovrebbero insegnarlo a scuola, ma questa è un’altra storia. Non più cittadini consapevoli ma semplici sudditi pronti a giustificare e sollevare dalle proprie responsabilità chi ha in mano e detiene le sorti del bene comune. Non ci si pongono più domande sul reale senso di opportunità che un dato evento riversa, poi, per giorni, nel dibattito pubblico che sembra, ahimè, delimitato nel perimetro di quei pochi che hanno voglia di approfondire e capire.

Ne è proprio un esempio lampante il dicastero dell’Agricoltura che vieta le carni sintetiche (‘ha fatto bene, mangiatevela voi la bistecca finta’) e il recentissimo caso del Frecciarossa fermo a Ciampino. Come siano andate davvero le cose non lo sapremo mai forse, non lo sanno nemmeno gli utenti che si sono visti catapultati all’improvviso dentro un film dalla trama tragicomica. Ma da quello che emerge dalla stampa è chiara una cosa: nessun cittadino comune può far aprire le porte di un treno per chiedere di scendere per presenziare ad un appuntamento importante.

E un messaggio altrettanto chiaro si riesce a scovare tra le trame della vicenda: un ministro della Repubblica italiana, membro del primo governo più a destra della destra, cognato del Presidente del Consiglio, marito della Responsabile della segreteria politica all’interno di Fratelli d’Italia, può calarsi in un istante nella parte del Marchese Onofrio del Grillo. Capite? La gavetta per diventare attori la si può fare anche in via XX Settembre.

E questo piace a moltissimi italiani: perché in fondo, cosa c’è di più rilassante e gaudioso di normalizzare un atto che verosimilmente tanti, in quella posizione, avrebbero ripetuto? Sentirsi potenti, al di sopra delle regole che i comuni mortali devono, invece, rispettare – perché è giusto così in uno Stato di diritto – è un privilegio che ti porta distante anni luce dalla vita reale, ti alleggerisce dai pensieri quali, ad esempio, una rata del mutuo raddoppiata che supera metà dello stipendio.

In fondo i tuoi problemi diventano altri: girare l’Italia per promuovere il territorio, fare un tour enogastronomico in Piemonte a pranzo e in Toscana la sera, intervenire ad eventi culinari in cui si sostiene che ‘i poveri mangiano meglio dei ricchi’ o inciampare – mettiamola così – sul tema della sostituzione etnica. Vorremmo tutti questi problemi. E tanti, quasi come ipnotizzati dalla bellezza del ruolo ‘di palazzo’, giungono a sopportare e a non cogliere certi segnali che, nello scorso secolo, hanno prodotto l’uomo solo al comando durato 7573 giorni.

“Ma almeno con lui i treni arrivavano in orario”, non si fermavano accumulando ritardo su ritardo.

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