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Mirella Gregori, la sorella a FqMagazine: “I suoi amici compariranno davanti alla Commissione d’inchiesta, spero parlino dopo 40 anni”

Per il giornalista d'inchiesta Mauro Valentini "il colpevole è nelle carte, basta riavvolgere il nastro "

di Alessandra De Vita

La commissione di inchiesta approvata in via definitiva dal Senato giovedì 9 novembre non indagherà soltanto su Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno del 1983 nel cuore di Roma, ma anche su Mirella Gregori. Mirella, 15 anni, era appena rientrata da scuola, quel pomeriggio del 7 maggio dello stesso anno quando suonò il citofono, era un certo Alessandro che le chiese di incontrarla a Porta Pia, a pochi passi dalla sua casa in via Nomentana. Sarebbe rientrata dopo dieci minuti, disse alla madre. Non è mai più tornata a casa.

Chi è Alessandro? Un suo compagno delle medie. Il ragazzo quella sera è rientrato a casa alle 22,30 e quando sua madre Vittoria riuscì a raggiungerlo al telefono (quella sera stessa) le disse che non era stato lui a citofonare. Aveva trascorso il pomeriggio a casa di un amico, in viale Libia e non vedeva Mirella da due anni, le disse, dalla fine delle medie. Questa versione, però, contrastò con quella rilasciata agli inquirenti a cui dichiarò che erano trascorsi cinque mesi dal loro ultimo incontro.

Il destino di Mirella è stato inghiottito dal nulla un mese prima della scomparsa di Emanuela e spesso le due sparizioni – che oggi appare evidente siano state dei rapimenti – sono state associate. “I primi a farlo – racconta la sorella Maria Antonietta a FqMagazine – furono gli uomini del fronte turco anticristiano Turkesh con il Komunicato I, arrivato nella redazione Ansa di Milano il 4 agosto del 1983, che in cambio delle ragazze chiedeva la liberazione dell’attentatore del Papa Alì Agca. Poi ci fu la telefonata, a settembre, al bar ‘Coppa d’oro’ di famiglia in via Volturno, da parte di presunti rapitori che elencarono alla perfezione gli indumenti indossati dalla ragazza, biancheria compresa, al momento della scomparsa. Poi, più nulla”.

Maria Antonietta lavora ancora oggi in quel bar da cui giovedì ha seguito con ansia la votazione in Senato. “Ero al lavoro ma ho seguito tutto con grande emozione. Penso ai miei genitori che non ci sono più, se non avessero aspettato 40 anni per cercare la verità forse avrebbero potuto condividerla con me. Spero che le indagini su Mirella e Emanuela siano divise perché credo abbiano avuto destini diversi”. Sicuramente ci sono elementi comuni alle due sparizioni, ma, come svelato da un agente della Stasi, le rivendicazioni dei presunti rapitori furono dei depistaggi. L’agente del servizio segreto della Germania Est, infatti, rivelò che era stata proprio la Stasi a inviare i falsi comunicati e che l’aveva fatto per allontanare dai servizi segreti dell’est europeo il sospetto che fossero coinvolti nell’attentato al Papa.

La verità su Mirella forse è più semplice di quanto abbiano voluto far credere ed è forse da ricercare in posti meno lontani e non in fondo a qualche intrigo geopolitico internazionale. Quel pomeriggio Maria Antonietta cercò sua sorella in tutti gli ospedali e poi in Villa Torlonia. Sonia, amica di Mirella, le aveva detto che quel pomeriggio era passata a salutarla al bar sotto casa, di proprietà della sua famiglia, per dirle che aveva un appuntamento con un amico sotto la scalinata della statua del Bersagliere, a Porta Pia, e che dopo sarebbero andati a suonare la chitarra proprio lì, al parco in via Nomentana. “Dal giorno dopo la scomparsa Sonia è sparita dalle nostre vite, fino al giorno prima era una presenza fissa a casa nostra. Lei e Mirella stavano sempre insieme. Io faccio sempre il mio appello a Sonia non perché credo sia colpevole di qualcosa ma perché credo sappia qualcosa in più di ciò che ha detto. Mirella è passata da lei al bar sia prima di salire a casa che dopo e ci è rimasta per 15 minuti in cui sono rimaste in disparte a parlare. Cosa le avrà detto? Che motivo c’era di tonare al bar se si erano viste appena dieci minuti prima? Adesso sia lei che tutti i suoi amici dovranno comparire davanti alla Commissione Parlamentare, spero si passeranno una mano sulla coscienza. Quello di Mirella potrebbe essere stato un femminicidio, all’epoca neanche esisteva questo termine”.

“Il colpevole è nelle carte ed è probabilmente un teste. Basta riavvolgere il nastro e trovare le dichiarazioni del tempo per scovare le incongruenze, lì dentro c’è o ci sono i colpevoli di questa tragedia”, aggiunge lo scrittore e giornalista di inchiesta Mauro Valentini, autore del libro “Mirella Gregori – cronaca di una scomparsa”

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