Alzi la mano, chi non lo ha fatto per rubare una mezz’ora d’aria durante il forzato lockdown. Ancora tutto da dimostrare se certe misure di restrizione alla libertà individuale non siano state eccessive. Alzi la mano chi non ha sventolato qualche tesserino di appartenenza a qualche ordine. Per Eduardo Cicelyn è addirittura intervenuta l’Unità di crisi della Regione. Lo sceriffo De Luca ha gestito l’emergenza come se fosse roba sua.

Cicelyn, filosofo, ex cronista de Il Mattino, è uno che ha sempre avuto le antenne. Prima degli altri ha intuito il potenziale artistico/contemporaneo/pop di Napoli, il Museo Madre è stata una sua creatura ( chiaro con la benedizione dell’allora sindaco Bassolino), Cicelyn è stato il primo a portare l’arte in piazza Plebiscito: chi non ricorda la montagna di sale con teste di cavallo in bronzo infilate dentro di Mimmo Paladino. Adesso il suo pamphlet di resilienza umana (Neri Pozzi) è illustrato dall’artista Francesco Clemente e lo ha presentato al Teatro Nuovo ai Quartieri Spagnoli con una perfomance tra “giocolieri” di parole. Sale sul palco Enzo D’Errico, direttore del Corriere del Mezzogiorno: “E il più grande rompiscatole che conosco. La sua rubrica non poteva che intitolarsi “Zona Franca” per una voce fuori dal coro come la sua”. Poi aggiunge una riflessione privata: “A noi che il dolore ci ha preso a pugni, alla fine non potevamo che farlo sedere a tavola e conviverci”.

Prende la parola Cicelyn: “Penso che in democrazia la libertà sia un valore pubblico come la salute, né più né meno. Ho solo raccontato il disagio di sopravvivere durante il lockdown. Mai sognato di incitare alla disobbedienza”. Un passo indietro su quello che è stato definito lo scomodo “caso Cicelyn” per un articolo pubblicato in prima pagina “Io, in giro con lo scooter contro i sovrani dello stato di emergenza”.

Aveva scritto “Prendo aria, luce e sapore di mare perché alla fine lo scooter mi porta sempre dalle parti di Posillipo, Marechiaro, Coroglio, Mergellina e via Caracciolo” scrive nel suo taccuino da reporter di guerra. “In effetti sfido il coprifuoco – aggiunge – Fuggire due ore al giorno dalla prigione casalinga a cui siamo stati consegnati è perciò una protesta solitaria contro una politica che non trova niente di meglio che attaccare la vita. Un modo per prendere una boccata d’aria prima che i polmoni siano attaccati dal virus dell’angoscia”. Prima di lui lo scriveva Alessandro Manzoni nel capitolo dedicato alla peste: Il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune.

Invece condanna per direttissima al Cicelyn e 14 giorni di “arresti domiciliari” che però chiamano domiciliazione fiduciaria. “Un assurdo e ignobile attacco alla libertà di stampa, di pensiero e di espressione”. Così Eduardo Cicelyn ha commentato il provvedimento. Per il giornalista si tratta di “reato di opinione” e spiega: “Non sono contagiato, non mi hanno trovato per strada e multato per questo, ma vengo processato per le intenzioni e la cosa drammatica è che non c’è possibilità di opporsi, non posso andare da un avvocato, i tribunali sono chiusi. Un signore della Asl, su chiaro mandato di qualcuno, può disporre della mia libertà personale. Non ho violato l’ordinanza ma vengo “arrestato” per un reato di opinione, per aver raccontato i fatti miei in pubblico, come neanche in epoca fascista. E’ una roba da potestà, sindaci e governatori stanno facendo campagna elettorale sulla nostra pelle. Posso aver scritto tutte le sciocchezze di questo mondo, ho la libertà di farlo e nessuno può mettermi in carcere per questo, neanche sotto i bombardamenti”. Bravo Cicelyn. Che tra l’altro si è pure vaccinato.

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