Il figlio di Sibilla Barbieri, Vittorio Parpaglioni, insieme al responsabile legale di Soccorso civile Marco Cappato e a Marco Perduca dell’Associazione Coscioni, si è autodenunciato per l’assistenza al suicidio offerto alla madre Sibilla Barbieri, pazienta oncologica terminale costretta ad andare in Svizzera perché in Italia le era stato negato il diritto al suicidio assistito. Una decisione contestata dalla famiglia e dalla stessa Coscioni, che ha ricordato come Barbieri avesse i requisiti per l’aiuto medico alla morte volontaria previsti dalla sentenza Cappato – Antoniani (ovvero, che la persona sia capace di autodeterminarsi, sia affetta da patologia irreversibile, che tale malattia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputi intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale).
Per questo motivo il figlio della regista, insieme alla famiglia, ha presentato due esposti contro l’Asl della regione Lazio, per chiedere di verificare se nei protocolli e nelle procedure possano ravvisarsi reati. “Per noi si configura anche il reato di tortura“, ha attaccato Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni, precisando come l’azienda sanitaria non avesse dato seguito alla richiesta di Sibilla in tempi celeri (né avesse dato una risposta prima di una diffida inviata, ndr) , nonostante la documentazione fornita anche dal proprio oncologo.
“Per anni Sibilla si è battuta per vivere, poi ha scelto l’aiuto del figlio Vittorio, accettando la sua richiesta di accompagnarla, con coraggio, anche rispetto alle conseguenze che potrebbero esserci per lui. Non è possibile interpretare in modo diverso la sentenza della Consulta: Sibilla era dipendente da trattamenti di sostegno vitale, quindi negarle quel diritto ad autodeterminarsi è stata una violenza di Stato”, ha attaccato Cappato. Vittorio Parpaglioni ha invece ricordato gli ultimi, difficili, giorni di sua madre: “Era una donna ed è tuttora, chissà dove, decisa e determinata, non ha mai tentennato rispetto alla sua voglia di autodeterminarsi, di essere libera. Mia madre è sempre rimasta una madre, fino all’ultimo, non ha mai pesato su di noi. Quando siamo arrivati in clinica ci eravamo già detti tutto, non avevamo più bisogno di parlare, ma solamente di guardarci”. E ancora: “Ho capito che dovevo accompagnarla ed espresso il mio desiderio per amore della sua libertà. Di quel viaggio mi resterà il dolore della sua scomparsa, ma anche un senso di leggerezza finale. Perché anche mio padre morì di tumore, quando avevo 16 anni, e ricordo il dolore, il terrore e la difficoltà di accettare la morte. Invece mia madre si è addormentata senza agonia”.
Cappato ha attaccato la regione Lazio: “Il governatore del Lazio Francesco Rocca ora deve chiarire cosa è accaduto. Altrimenti dovrebbe dimettersi, la politica si assuma le sue responsabilità”. Secondo l’associazione Coscioni, poi, “tutto ciò è frutto dell’ignavia del legislatore italiano, di un Parlamento immobile che sceglie di non fare una legge, nonostante i richiami della Corte costituzionale ad emanare una legge in materia siano tre”. “Mi dispiace che la politica chiuda gli occhi di fronte alla sofferenza di tante persone, mi auguro che presto si possa vedere la realtà dei fatti”, ha concluso il figlio di Sibilla Barbieri. Intanto ad autodenunciarsi saranno anche il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto, l’ex parlamentare Luigi Manconi, già Presidente della Commissione Diritti umani, e il deputato di +Europa Riccardo Magi, che informeranno a loro volta le forze dell’ordine dell’aiuto fornito all’organizzazione che ha permesso di accompagnare in Svizzera Sibilla Barbieri. Cappato ha ricordato come siano oggi oltre cinquanta i membri dell’associazione Soccorso Civile, definiti potenziali “associati a delinquere fino a quando lo Stato non rispetterà il diritto all’autodeterminazione”.
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Il figlio di Sibilla Barbieri: “Mamma ha combattuto per la libertà di scelta. L’Asl ha fatto resistenza ed è stata costretta a morire in Svizzera”

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