Siamo alle solite. Per la sanità la legge di bilancio è l’ennesima presa per i fondelli. Ma vedrete tutti si lamenteranno. Tutti diranno che la sanità ha bisogno di altro, ma nessuno scenderà in piazza e meno che mai nessuno farà uno sciopero. Rimbrotti ma nulla di più l’importante è agitare una bandierina.

Nel frattempo però una cosa è sempre più chiara a tutti: se ti vuoi curare devi pagare, se ti vuoi curare con il servizio pubblico sappi che chi ti curerà spesso non ha neanche gli occhi per piangere.
Sappi che se sei fortunato sarai curato me se non sei fortunato finirai al grido “Dio vede e Dio provvede” in fondo ad una lista di attesa. Sappi anche che il tuo grado di fortuna non dipende dai diritti che hai ma dalla latitudine cioè dalla distanza tra te e l’ospedale più vicino, dai medici di famiglia che trovi, da come sono intasati i pronto soccorso dal numero di operatori nei servizi ecc.
Non è più il diritto costituzionale che conta ma oggi è il grado di sfiga che hai.

La mancia del governo alla sanità è in realtà un insulto: si concedono 3 miliardi a fronte di un fabbisogno storico stimato da Gimbe intorno ai 47 miliardi.

Naturalmente nessuno si è preoccupato soprattutto a sinistra di trovare il modo di recuperare questo divario. Magari presentando una piattaforma per trovare i soldi nella spesa storica della sanità. Tutti hanno chiesto soldi in bocca nel momento in cui i soldi non ci sono. E quindi come era prevedibile tutti sono rimasti a bocca asciutta. Ma per i cittadini sono dolori veri.

Oggi – ma nessuno lo dice – il sottofinanziamento della sanità pubblica è diventato di fatto un metodo di governo. Questo metodo è vecchio come il cucco. All’inizio fino agli anni 80 la sanità era sempre sottofinanziata ex ante ma poi a piè di lista recuperava i soldi che le mancavano. A partire dagli anni 90 la sanità viene sotto-finananziata ma senza più compensare con il piè di lista. L’unica compensazione concessa è stata quella dell’uso del privato. Cioè la privatizzazione della Bindi. Sono quindi più di 30 anni che la sanità viene da tutti i governi che si sono succeduti da una parte sottofinanziata e dall’altra privatizzata.

La Meloni applica a sua volta il metodo che ha trovato quello che con Renzi si chiamerà “definanziamento progressivo” cioè il metodo dell’elemosina ma senza mai risolvere il vero bubbone del fabbisogno reale

La sanità pubblica oggi sprofonda sempre di più e quella privata cresce in proporzione. Non è un caso se oltre l’elemosina il governo Meloni in questa legge di bilancio ha alzato il tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni da privato. Come dire se il pubblico non c’è, c’è sempre il privato. E’ quello che ha sempre detto la Bindi.

Quello che stiamo perdendo è l’art. 32 cioè il diritto fondamentale alla salute. Se la salute dipende dalla latitudine dalla sorte da dove ti trovi, vuol dire che essa non è più un diritto fondamentale. Perdere l’art. 32 vale come mettere gli italiani in una camera a gas aprire il gas ma permettere solo a pochi di indossare la maschera antigas. Chi indossa la maschera anti gas è solo chi se la può comprare.

Le responsabilità politiche di questo “metodo” sono prima di tutto della sinistra che ha pensato di risolvere la questione del finanziamento alla sanità con l’azienda e le teorie neoliberiste quelle contro il pubblico e a favore del mercato (meno Stato e più mercato, non si può dare tutto tutti ecc). Una sinistra incapace di definire una corretta e giusta politica di sostenibilità ma che è stata capace di distruggere gli equilibri faticosamente costruiti con la riforma 833 tra economia sanità e salute.

La Meloni quindi non ha proprio niente di originale. E’ tutto un déjà-vu.

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