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Rinnegare gli impegni per l’ambiente paga, azioni Shell a record dopo la “svolta nera” annunciata a giugno

Rinnegare gli impegni per l’ambiente paga, azioni Shell a record dopo la “svolta nera” annunciata a giugno
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Le azioni della compagnia petrolifera inglese Shell, la più grande al mondo tra quelle private, sono sui massimi di sempre. Scambiate a 2.750 sterline (il triplo rispetto a tre anni fa), con un rialzo del 16% da inizio 2023 e del 21% nell’ultimo anno. I titoli della principale concorrente, la Exxon Mobil statunitense, registrano rispettivamente + 3 e + 9%. Chevron ha perso da gennaio il 5%, la francese Total ha guadagnato il 6%. Perché le azioni Shell vanno meglio di quelle di molte altre compagnie? Perché lo scorso giugno il nuovo amministratore delegato della società Wael Sawan ha rinnegato la svolta verde del predecessore Ben van Beurden che aveva impresso un’accelerazione allo sviluppo di fonti rinnovabili. E gli investitori stanno apprezzando molto perché con i prezzi del petrolio di nuovo vicino ai 100 dollari al barile e quelli del gas intorno ai 50 euro, investire in combustibili fossili significa profitti e dividendi da record. Il nuovo a.d. di Shell Sawan ha indicato come la sua assoluta priorità quella di conquistare investitori erogando generosi dividendi e con un’attenzione “spietata” alla performance.

Shell non è certo l’unica compagnia ad aver ingranato la retromarcia. Solo è quella che in questo momento raccoglie i maggiori benefici di una svolta relativamente recente. La statunitense Exxon è ad esempio da sempre tra le più restie a considerare la questione ambientale come un fattore prioritario. Non è un caso che abbia appena concluso una maxi acquisizione da 60 miliardi di dollari di Pioneer, società operativa dello shale oil, il sistema di estrazione in assoluto più inquinante. L’ambiente può tranquillamente attendere, gli investitori apprezzano. Il che è solo l’ultima dimostrazione di come il mercato non sia assolutamente in grado di autoregolarsi, a beneficio dell’interesse collettivo. Qualche mese fa, persino un insospettabile come Jamie Dimon, amministratore delegato di Jp Morgan, la più grande banca statunitense, ha tratto ovvie conclusioni. Neanche fosse un giornalista del FattoQuotidiano.it, Dimon ha suggerito al governo Usa di valutare pratiche di esproprio per attenuare la crisi climatica e garantire “investimenti adeguati e sufficientemente rapidi a favore di iniziative per lo sviluppo delle reti energetiche, degli impianti solari ed eolici”. Secondo il banchiere l’opportunità di adottare misure così drastiche è giustificata perché il tempo stringe. “La finestra d’azione per evitare gli impatti più costosi del cambiamento climatico globale si sta chiudendo”, ha scritto il manager nella sua ultima lettera agli azionisti.

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