“L’atteggiamento della Generazione Z rispetto al lavoro è stato accelerato dalla pandemia, che ci ha mostrato che si può lavorare a distanza. Ma in questo c’è un lato positivo ma anche un rischio”, continua Lazzari. “Il positivo è quello di voler coniugare il più possibile lavoro e qualità della vita; il rischio è quello di un’eccessiva disaffezione dall’impegno e dalle responsabilità. Un conto è infatti voler creare spazi di benessere, e un altro il ritiro e il ripiegamento non solo nel privato (come era per la Generazione X) ma in se stessi, una fuga dalla realtà o nella realtà virtuale sempre più pervasiva. La pandemia è stata la testimonianza di un mondo che appare sempre più difficile da abitare, tra epidemie, rischi ambientali sempre più concreti, guerre alle porte di casa, minacce atomiche che ritornano. Ma è l’insieme di tutte queste cose, la cosiddetta ‘permacrisi’, che crea l’attuale clima di preoccupazione e ansia del futuro”.

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“I ragazzi della Gen Z vogliono lavori senza stress, senza grandi responsabilità e che lascino loro molto tempo libero”: la ricerca di Bloomberg

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