“Santo Padre, questo lavoro si può svolgere soltanto se si ha un accesso diretto al Papa. Se si è potuto fare qualcosa in questi anni, è stato per questo: sia nella normalità, sia nei giorni della malattia e della morte di Giovanni Paolo II. La mentalità della Curia non è facile: ‘Non dica niente se i giornalisti non domandano, e se domandano, allora dica…’. Però è una condotta molto reattiva, mai propositiva. L’opinione pubblica è come un grande contenitore: il primo che lo riempie può proporre i propri argomenti e gli altri lo seguono. Se altri propongono gli argomenti, allora non resta che procedere con delle smentite”. È in questo passaggio della prima udienza di Benedetto XVI con l’allora direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls, scomparso nel 2017, la chiave della rivoluzione comunicativa attuata dal giornalista e medico spagnolo in Vaticano con il pieno sostegno di san Giovanni Paolo II.

L’udienza si svolge a Casa Santa Marta, la residenza provvisoria di Ratzinger, due giorni dopo la sua elezione al pontificato, il 21 aprile 2005. Navarro-Valls racconta l’incontro: “Una volta seduti, gli spiego: ‘Santo Padre, varie volte ho parlato con Giovanni Paolo II di lasciare questo lavoro, perché sono già molti anni. Lui scherzava dicendo: ‘Ricordamelo fra cinque anni…’. Ora farò assolutamente quello che il Papa mi dirà’. Lui risponde: ‘No, almeno durante il primo anno, continui a fare questo lavoro’”. È quanto si legge nel libro di memorie di Navarro-Valls, pubblicato postumo, intitolato I miei anni con Giovanni Paolo II (Mondadori) e curato da Diego Contreras, professore straordinario di analisi e pratica dell’informazione della Pontificia Università della Santa Croce. Un testo voluminoso che ripercorre, con una cronaca puntuale e quotidiana, il mandato del giornalista come portavoce del Papa, dal 1984 al 2006, quando ha lasciato il testimone al gesuita padre Federico Lombardi.

Un libro che contribuisce a scrivere pagine importanti del pontificato di san Giovanni Paolo II, della Sede Vacante che si è svolta dopo la sua morte, avvenuta dopo ventisette anni di regno, dell’elezione di Benedetto XVI e del suo primo anno di governo della Chiesa. Navarro-Valls si accorge subito, però, che l’intesa diretta tra lui e Wojtyla non avrà un seguito con Ratzinger. Davanti alle proposte fatte dal portavoce vaticano in quella prima udienza con Benedetto XVI, il Papa, riporta il giornalista, annuisce: “Mi assicura che potrò avere accesso a lui in caso di bisogno, di chiamarlo al telefono. Che mi darà il suo sostegno. Tutto questo mi tranquillizza un po’”.

Eppure, le cose non vanno come previsto. Già dopo le prime settimane del nuovo pontificato, il 4 giugno 2005, Navarro-Valls scrive: “Noto una tendenza involutiva nell’azione informativa della Santa Sede. Mancano le informazioni. Ma sono consapevole che alla fine di quest’anno lascerò il mio incarico e non mi sembra opportuno condizionare il lavoro del mio successore”. Il portavoce, però, non si arrende ed esprime le sue forti perplessità al segretario di Benedetto XVI: “Georg vuole parlare con me e chiacchieriamo durante due lunghe passeggiate. Gli spiego la mia visione delle cose che si riferiscono al lavoro: il problema della mancanza di informazioni e la quasi impossibilità di organizzare una strategia informativa. Georg è molto esplicito. Senza fare nomi, mi spiega ciò che alcuni hanno detto al Papa: che io ero molto amico di Dziwisz e questo aveva fatto sì che io scavalcassi la struttura. Hanno detto che c’era mancanza di collaborazione, che in definitiva era conveniente un cambio. Georg si rende conto che, in realtà, quello che alcuni cercano è di recuperare ‘il potere perduto’, per così dire. Comprendo la situazione e anche queste reazioni. Sinceramente, non vi attribuisco grande importanza”.

La situazione non migliora e il 1 dicembre 2005 si svolge un’udienza che per il giornalista prelude al congedo finale. Navarro-Valls la ripercorre sempre nelle sue memorie: “Vado a trovare il Papa. Secondo il nuovo stile, mi ha convocato con una lettera ufficiale della Prefettura della Casa Pontificia. La mia udienza è alle sei e un quarto del pomeriggio. Prima, il Papa ne aveva un’altra con il cardinale Etchegaray. Si svolge nel suo appartamento, nella sala grande dell’ingresso. Il Santo Padre è solo. Non ci sono fogli sul suo tavolo. È rilassato, seduto con le gambe incrociate. Ho l’intenzione di chiedergli se è venuto il momento del ricambio alla Sala Stampa. Ma non posso affrontare l’argomento, perché lui comincia a sollecitare il mio parere sull’informazione della Santa Sede. Gli dico che, senza esprimere alcun giudizio sulle persone, il clima attuale – dal mio punto di vista – non è positivo, fondamentalmente per la mancanza di informazione preventiva. Gli porto qualche esempio concreto”.

Il 1 febbraio 2006 Navarro-Valls scrive a Benedetto XVI la sua lettera di dimissioni. Appena due giorni dopo, il 3 febbraio, il segretario del Papa, monsignor Gänswein, lo chiama per dirgli che Ratzinger ha accettato le sue dimissioni, ma gli chiede di restare al suo posto fino all’estate. L’11 luglio seguente viene pubblicata la nomina del suo successore. L’era di Navarro-Valls in Vaticano si conclude, ma la sua rivoluzione comunicativa, come emerge chiaramente anche dalle sue memorie, si era già archiviata con la fine del pontificato wojtyliano. Una stagione lungimirante e ricca di numerosi successi, non solo nel campo comunicativo, del Papa e della Santa Sede che oggi nei sacri palazzi non sembra per nulla rimpianta. Un’epoca che ha segnato sicuramente una pagina molto luminosa nella storia della comunicazione ecclesiale e che si è potuta realizzare per la totale sintonia tra Wojtyla, Dziwisz e Navarro-Valls. Una triade difficilmente ripetibile.

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