Oltre mille scuole, al suono della prima campanella, avranno un preside “supplente”. Li chiamano “reggenti” ovvero dirigenti scolastici cui vengono affidate più scuole (in genere due, con più plessi). Un solo capo d’istituto può arrivare a dover guidare una scuola con due mila alunni e quattrocento o più docenti. Lo scorso anno, ad esempio, Franco di Cecilia, dirigente dell’Istituto comprensivo di Frigento in provincia di Avellino ha fatto il capo d’istituto in 38 plessi scolastici distanti una trentina di chilometri l’uno dall’altro, con 1500 alunni, trecento insegnanti e una sessantina di collaboratori del personale Ata. Ha speso in carburante tutti i soldi del compenso che riceve come reggente di un secondo istituto rispetto a quello di titolarità.

Tutti gli anni la stessa musica. Anzi di male in peggio perché quest’anno – secondo i numeri che ci fornisce l’Anp, l’Associazione nazionale presidi – in quattrocento di loro sono andati in pensione ma ne sono stati assunti solo duecento perché le graduatorie del concorso del 2017 sono terminate. Il nuovo bando è imminente ma per il 2023/24 bisognerà accontentarsi ancora di avere i presidi “ad ore”. “Il problema – spiega al fattoquotidiano.it, il numero uno dell’Anp, Antonello Giannelli – è che una parte delle reggenze sono la conseguenza dei distacchi al ministero, nel sindacato, in politica, in altre attività”. Stiamo parlando di un dato rilevante perché solo lo scorso anno il titolare assente per distacco, mandato parlamentare o amministrativo o per motivi di salute era di 370 unità. Il resto dei “presidi supplenti” è su quelle scuole sotto dimensionate ovvero con meno di 400 alunni.

“La reggenza – continua Giannelli – è una iattura. Noi ci siamo da sempre opposti a questa situazione. Per l’anno prossimo a seguito degli accorpamenti indotti dal dimensionamento voluto dal ministro Giuseppe Valditara, questo fenomeno dovrebbe ridursi ma resta il fatto che le reggenze di chi ha un distacco, continueranno ad esistere”. L’inquilino di viale Trastevere ha in testa un piano per prendere il toro per le corna. Nel question time al Senato del primo giugno scorso ha detto: “Non si tratta di chiudere scuole ma di razionalizzare le istituzioni giuridiche. Sono 860 le reggenze, le eliminiamo e razionalizziamo, facendo sì che l’offerta sul territorio sia coerente, le risorse rimarranno a quelle scuole e l’offerta, dato il coinvolgimento delle Regioni, si modellerà a seconda delle esigenze dei singoli territori”.

Il dirigente scolastico che oggi, per esempio, gestisce due istituti comprensivi, di cui uno in reggenza, gestirà gli stessi plessi, ma sotto un’unica istituzione scolastica (farà un solo bilancio invece di due, per dirne una). Una pianificazione che trova il plauso dell’Anp. In primis a sostenere il dimensionamento è Franco De Rosa, presidente Anp in Campania, la regione che nel 2023/24 avrà 126 dirigenti “reggenti”. Mediamente un preside su sette avrà una seconda scuola. In provincia di Avellino su settanta scuole, 24 avranno il capo d’istituto “ad ore”. “I problemi – illustra De Rosa – si verificano soprattutto nella zona di Salerno, Benevento, Avellino dove non è facile arrivare”.

Si tratta per la maggior parte di scuole del primo ciclo, quasi sempre con un numero elevato di plessi, dispersi nel territorio. “Da noi – continua De Rosa – c’è un ulteriore problema: abbiamo 250 presidi campani al Nord che tornerebbero a casa ma la Legge 165 impedisce l’uso dell’assegnazione provvisoria. A questo punto il dimensionamento può essere utile”. Una questione che conosce bene anche la numero uno dell’Anp Lazio Cristina Costarelli che si scontra proprio con il problema dei “distacchi”: “Quest’anno avremo 110 reggenze. Da noi è un problema strutturale perché la maggioranza dei “comandi” sindacali, ministeriali o negli uffici scolastici sono persone di Roma o della regione”.

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