Prima l’inseguimento in auto, poi, abbandonata la vettura, la corsa a piedi, per scappare da un controllo della polizia. Era ubriaco al volante Lucio Marzo, l’assassino di Noemi Durini, la 16enne sepolta viva sotto un cumulo di pietre a Castrignano del Capo, in provincia di Lecce, il 3 settembre 2017, dopo essere stata aggredita e picchiata. Per questo non si è fermato all’alt degli agenti, probabilmente temeva che gli venisse revocato il permesso dalla detenzione, concessogli per lavorare in un negozio. All’epoca dei fatti Marzo aveva 17 anni ed era il fidanzato di Noemi. È stato condannato in via definitiva a 18 anni e 8 mesi di reclusione per l’omicidio che sta scontando nel carcere di Cagliari. “Lo Stato tutela le vittime, non gli assassini. Io chiedo la certezza della pena e nessun permesso premio”, si è sfogata in un post su Facebook la mamma di Noemi, Imma Rizzo, commentando la notizia della denuncia per guida in stato di ebbrezza ai danni di Marzo.

Come riportato da La Stampa, già tre anni fa Rizzo si era lamentata della decisione dell’autorità giudiziaria di concedere al reo confesso la possibilità di lavorare: “Sta succedendo quello che mi aspettavo. Lucio non ha capito la gravità di quello che ha fatto“, ha commentato. “È vomitevole sentire e leggere permessi premio – ha spiegato -. Come può un detenuto uscire di carcere, andare a lavorare, guidare un’auto e non rispettare quello che in sei anni gli hanno insegnato per il reinserimento in società? Si lascia un assassino per strada, pur sapendo che è pericoloso, mettendo a repentaglio altre persone. Chi toglie la vita è un assassino e non può stare fuori. Lo Stato vuole assumersi la responsabilità di questa scelta? Stessa cosa per i politici. Nessuno si mette la mano sul cuore e pensa: e se fosse capitato a me? Lucio deve solo stare in carcere. Ha ucciso Noemi, ma sembra che si stia facendo il soggiorno in Sardegna. È libero come il vento e nessuno lo controlla”, si è sfogata la madre di Noemi.

“È tornato l’incubo – continua Rizzo -. Non si può perdonare, assolutamente no. Sono una persona credente, che ha fiducia nel prossimo, ma non potrò mai perdonarlo per aver ucciso mia figlia. Ogni giorno mi alzo e guardo il suo letto, la sera la scena si ripete. Il dolore è forte, non c’è rassegnazione. Vado avanti per gli altri figli e per Noemi stessa. E conclude: “Lo Stato ci rappresenta e deve tutelare le vittime di femminicidio, non gli assassini. Cercate sul vocabolario assassino e leggete bene il significato di questa parola”.

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