Il calo dell’inflazione non basta per ridare respiro e potere d’acquisto alle famiglie dopo un anno e mezzo di esplosione dei prezzi. Secondo l’Istat, la dinamica delle retribuzioni contrattuali continua a mostrare un progressivo rafforzamento ma nei primi sei mesi del 2023 la distanza tra la dinamica dei prezzi (IPCA) e quella delle retribuzioni supera ancora i sei punti percentuali. A gennaio il divario era salito a 7,6 punti percentuali, il valore più elevato dal 2001.

A giugno 2023 la crescita su base annua è stata del 3,1% (la più marcata da novembre 2009) con il comparto pubblico – che beneficia dell’applicazione degli incrementi relativi ai rinnovi del triennio 2019-2021 siglati a partire da maggio 2022 – che registra l’incremento più alto (4,4%) mentre l’aumento per i dipendenti privati dell’industria è stato del 3,9% e per quelli dei servizi si è fermato all’1,6%.

I contratti ancora in attesa di rinnovo a fine giugno 2023 sono 31 e coinvolgono circa 6,7 milioni di dipendenti, il 53,9% del totale, a fronte di 42 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica che riguardano il 46,1% dei dipendenti – circa 5,7 milioni – e corrispondono al 45,2% del monte retributivo complessivo.
Nel corso del secondo trimestre 2023 sono stati rinnovati il contratto del legno arredo e quello tristemente noto della vigilanza privata, che anche dopo l’aumento continua a prevedere per il livello di inquadramento più basso meno di 5 euro all’ora.

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