La presunta disponibilità di Giorgia Meloni ad “approfondire la materia” del salario minimo legale sta rapidamente assumendo i contorni di un bluff per prendere tempo. Eppure, oltre ai sondaggi, a indicare alla premier che è il caso di valutare seriamente la misura ora c’è anche un’analisi non sospettabile di voler portare acqua al mulino delle opposizioni. A prepararla è stata la Fondazione dei consulenti del lavoro, emanazione dell’ordine presieduto per 18 anni dalla ministra Marina Elvira Calderone e alla cui guida c’è il marito Rosario De Luca. Cosa dice il documento, datato 13 luglio? Che oltre un terzo dei 61 principali contratti collettivi nazionali firmati da Cgil, Cisl e Uil prevede minimi retributivi sotto i 9 euro all’ora. E la stima è ampiamente per difetto visto che nel calcolo sono considerati anche i ratei di tredicesima ed eventuale quattordicesima e il Tfr, elementi del trattamento economico complessivo esclusi dalla soglia prevista nella proposta di legge di Pd, M5s, Avs e Azione.

Insomma: lo studio della Fondazione, che puntava a dimostrare come un minimo legale sia “inutile e forse dannoso” ai fini del recupero del potere d’acquisto delle buste paga, ha finito per trasformarsi in un boomerang. Invece che dimostrare la funzione di tutela della contrattazione collettiva, mette in luce come decine di ccnl firmati dalle sigle comparativamente più rappresentative abbiano retribuzioni orarie di partenza decisamente basse: 22 sui 61 selezionati, applicati in totale a 2 milioni di lavoratori (vedi tabella), sono sotto i 9 euro. E il minimo effettivo in busta è ben più basso, visto che si tratta di cifre “gonfiate” dai ratei di mensilità aggiuntiva e di Tfr.

Il contratto collettivo di Uneba per i dipendenti del settore socio-assistenziale (comunità di accoglienza, rsa, centri per persone con disabilità), che copre oltre 160mila lavoratori, ha un minimo di 8,6 euro tutto compreso, per una cifra mensile di poco più di 1.100 euro. Si ferma a 8,9 euro la retribuzione minima oraria del contratto delle aziende di gestione aeroportuale, così come quella degli autoferrotranvieri del trasporto pubblico locale, dei dipendenti di società dei servizi ambientali e di quelle delle pmi della comunicazione e dell’informatica. Per i lavoratori delle cooperative del settore socio sanitario (in tutto oltre 300mila) e dei servizi di pulizia e servizi integrati (altrettanti), così come nella grafica e nel settore pelli, si scende a 8,8, mentre nel tessile abbigliamento il minimo è 8,7. In cooperative e consorzi agricoli la base è di 8,4 euro l’ora. Centri benessere e di estetica o piercing offrono, in base al ccnl firmato da Cna e Confartigianato con i confederali, 8,3 euro lordi all’ora. Gli addetti all’industria delle calzature non vanno oltre i 7,9 euro di minimo. Il ccnl unico dell’industria armatoriale, quello del vetro e quello degli operai agricoli e florovivaisti sono ancora più avari: 7,6 ,7,1 e 7 euro rispettivamente.

“Esistono poi contratti collettivi comparativamente più rappresentativi, come il Ccnl Vigilanza Privata, che hanno minimi retributivi inferiori”, ammette la Fondazione, evocando il contratto da fame dichiarato anticostituzionale in Cassazione e di recente rinnovato con un misero aumento di pochi centesimi all’ora. Da notare che i 38 contratti, tra quelli selezionati, che prevedono soglie minime superiori ai 9 euro, finirebbero probabilmente in buona parte per ricadere sotto la soglia se nei 9 euro lordi non si contassero anche il Tfr, la tredicesima e la quattordicesima. Un focus pubblicato a inizio luglio da Adapt – che partiva dal presupposto poi smentito che i 9 euro della proposta di opposizione fossero da intendersi come Trattamento economico complessivo – ha mostrato per esempio che i livelli di inquadramento più bassi dei contratti della logistica e trasporto merci, della distribuzione moderna organizzata, del turismo e dei pubblici esercizi hanno minimi tabellari orari inferiori a 9 euro.

Resta ora da vedere se l’apertura della premier a un confronto si rivelerà reale. I punti su cui discutere nel merito non mancano. A partire dal livello a cui eventualmente fissare il minimo, dalle eventuali eccezioni settoriali o per età e dalla reale opportunità che lo Stato riconosca un aiuto pubblico alle imprese in vista dell’adeguamento al minimo, come previsto nella proposta delle opposizioni. Di sicuro un minimo legale sarebbe solo il primo passo per affrontare l’emergenza del lavoro povero. Che dipende in maniera determinante dal part time involontario e dal peso dei contratti pirata, in apparenza del tutto minoritari ma solo perché i datori possono comunicare all’Inps l’adozione del contratto principale e poi, nei fatti, applicarne al lavoratore un altro, peggiorativo. Con il risultato che l’effettività dei minimi contrattuali è assai relativa. Altrimenti non si spiegherebbe come 3 milioni di lavoratori, secondo l’Istat, abbiano una retribuzione oraria sotto i 9 euro lordi.

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