Tra i necrologi scritti in Italia e all’estero per ricordare la vita di Silvio Berlusconi si notava una sottile differenza: i primi, fatta eccezione di pochissime testate come Il Fatto, lo dipingevano come un grande imprenditore e statista, nei secondi, invece, trapelava il lato comico ed anche grottesco della sua leadership. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo ed a volte è scomoda da digerire.

Silvio Berlusconi era grottesco e geniale allo stesso tempo, caratteristiche che gli hanno permesso di creare quella che ormai tutti definiscono la politica spettacolo, una forma di degenerazione della democrazia che è diventata la modalità più gettonata di fare politica. Ben prima che Chavez inventasse il suo chat show per ingraziarsi l’audience della popolazione venezuelana, sciorinando falsità e facendo promesse da marinaio, Berlusconi assoggettava il suo impero mediatico ai bisogni ed alla propaganda di Forza Italia un partito ad personam, creato cioè per difendere e promuovere gli interessi di Silvio. Una verità nascosta abilmente dietro una buona dose di populismo ed una politica apertamente e costantemente discriminatoria nei confronti di tutto e tutti. Che significa? Che Silvio usava la politica per presentarsi come il difensore ora di una classe o di un gruppo ora di un altro senza mai apertamente prendere posizione.

A differenza di Fratelli d’Italia, Forza Italia non ha mai dichiarato espressamente di essere di destra, appariva sempre e costantemente centrista regalando qualcosa ora ad uno schieramento ora ad un altro. Ma a differenza della Democrazia Cristiana, abilissima nel trasformismo, Forza Italia lo applicava per Silvio. Forza Italia era lo scettro politico del suo impero finanziario e di cui la politica spettacolo era il modus operandi.

Pochi quando Berlusconi usò lo slogan calcistico per lanciare il suo partito intuirono o anticiparono i pericoli che la nascita del partito ad personam avrebbe comportato. Anche all’estero Forza Italia venne accolta con grandi speranze. Nell’Inghilterra dove la morte di Berlusconi ha suscitato ben poco interesse, ad esempio, nei lontani anni Novanta sorgevano come papaveri i club di Forza Italia fondati da professionisti italiani residenti nel regno di sua maestà. Noi pochi ma buoni antiberlusconiani venivamo invitati alle tavole rotonde ed alle conferenze tenute da rampanti giovanotti banchieri che da Milano volavano a Londra per portare il verbo berlusconiano. Eleganti nei loro aderenti abiti Armani, i giovani berlusconiani usavano il linguaggio della comunicazione promettendo l’ingresso del nostro paese nell’eden politico mondale.

Intanto in Italia la propaganda mediatica andava avanti a tamburo battente, senza sosta. Le reti Mediaset facevano da controcanto alla retorica parternal-nazionalista di Silvio al ritmo del mantra Meno Male che Silvio c’è. Tra le speranze illusorie di chi davvero credeva che Berlusconi avrebbe modernizzato il paese portandolo ai livelli delle grandi democrazie europee e l’orgoglio di chi si identificava nell’immagine casalinga del Silvio vitellone che raccontava le barzellette in Parlamento e risolveva tutto in due risate, l’Italia iniziava a piombare nel buio culturale in cui da decenni è prigioniera.

La natura corrosiva della politica spettacolo di Berlusconi si è abilmente nascosta dietro fenomeni di tendenza come le mute veline che agitavano i fianchi in Rai. Intanto la censura si abbatteva come una mannaia sui programmi culturali, lavorava sottotraccia selezionando i manager, i giornalisti, i quadri del sistema mediatico nazionale, creando così le condizioni ideali per la nascita delle fake news, le Silvio news, ad personam.

Anno dopo anni le notizie sono state reinventate per soddisfare i bisogni veri ed unici di Forza Italia: la difesa dell’impero berlusconiano. E così, in sordina, passavano le leggi ad personam, le elezioni in parlamento delle donnine che, come api, ronzavano intorno al nettare berlusconiano, l’allontanamento degli antiberlusconiani. Il berlusconismo diventava il verbo.

In quarant’anni Silvio ha trasformato il paese nella repubblica italiana delle banane. Lo ha fatto facilitando la diffusione del virus incurabile della politica berlusconiana. Il suo successo, la tenacia con cui è rimasto in sella nonostante l’opposizione ed i tentativi della magistratura di portare allo scoperto i suoi affari, hanno convinto un po’ tutti che questo modo di fare politica, la rete capillare di favoritismi e clientelismo, il riciclaggio della verità, la politica ad personam era l’unica formula vincente.

E come il successo del Fascismo in Italia negli anni Venti e Trenta produsse l’esportazione della dottrina fascista oltre Alpe e si diffuse nel mondo come una malattia virale lasciando i segni inconfondibili della sua virulenza su più di una generazione, così il berlusconismo ha segnato e, ahimè, continuerà a infliggere colpi mortali ai principi della democrazia in casa e nel mondo. Questa la triste eredità dell’altro grottesco leader italiano.

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