All’udienza preliminare del 1 giugno sul triplice omicidio dell’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista del Programma alimentare mondiale, Mustapha Milambo, stavolta un’istituzione ci sarà: il Comune di Limbiate. Lo Stato italiano, nonostante le ripetute sollecitazioni della famiglia Attanasio, sembra rimanere fermo sulla sua decisione di non costituirsi parte civile. Lo ha fatto invece il Comune brianzolo dove Attanasio era cresciuto e dove tuttora vivono i genitori.

Il 29 maggio il consiglio comunale di Limbiate ha infatti approvato all’unanimità la delibera che costituisce il Comune stesso come parte civile nel processo in corso a Roma. Nel discorso davanti alla giunta comunale, il sindaco Antonio Romeo ha ricordato “i motivi per cui questa amministrazione intende tutelare l’immagine dell’Ambasciatore e i diritti suoi e dei suoi familiari, nonché dell’intera comunità limbiatese”. E aggiungeva: “A tal fine ritiene opportuno e necessario costituirsi parte civile nel procedimento penale, sia a tutela dei diritti sopra enunciati sia per onorare l’uomo che ha svolto, con proficua managerialità e professionalità, un ruolo di particolare importanza, morale ed attuativa dell’interesse dell’umanità, soprattutto a favore di popolazioni che si trovano in difficoltà economiche e culturali. Pertanto, l’Amministrazione ritiene non solo un dovere istituzionale, ma un atto di giustizia e di tutela di alti valori, la costituzione quale parte civile in detto procedimento penale del Comune di Limbiate”.

Romeo, al suo quarto mandato da sindaco a capo di una coalizione di centrodestra (inframezzato da un passaggio in Consiglio regionale lombardo), conosceva bene Attanasio e da due anni si adopera per dare lustro alla memoria del suo concittadino. “Per me – sottolinea a Ilfattoquotidiano.it – si tratta di un discorso morale e di coerenza. Vado nelle scuole a parlare ai ragazzi della vita di Luca, del suo esempio come rappresentante delle istituzioni, regaliamo alle scuole la sua biografia. Costituirsi parte civile nel processo è una scelta doverosa e coerente”. E spiega: “I nostri avvocati devono quantificare il danno procurato e abbiamo pensato di chiedere 10mila euro che devolveremo ai bambini del Congo: si tratta chiaramente di un atto simbolico”.

Alla domanda su cosa pensi della decisione del governo di non seguire il suo esempio, la risposta è netta: “L’avremmo fatto lo stesso, lo ritengo una scelta istituzionale, non politica. Non vogliamo porci in contrapposizione a nessuno, né vogliamo alimentare polemiche. Abbiamo solo compiuto ciò che ci pare un atto di alto valore morale e di coerenza”.

Intanto, ieri in Commissione Esteri alla Camera dei deputati, il viceministro degli esteri Edmondo Cirielli ha risposto all’interrogazione dell’onorevole Giuseppe Provenzano (PD), depositata il 22 maggio, nella quale Provenzano, Quartapelle, Procopio e Porta chiedevano al governo “quali notizie abbia il ministro interrogato in merito alla rinuncia dell’agenzia Pam dell’immunità processuale per i suoi due dirigenti imputati” e “quali siano le intenzioni del Governo riguardo alla costituzione di parte civile da parte dello Stato italiano nel processo nei confronti di due funzionari del Pam”. Nel testo depositato sottolineavano inoltre che “la vicenda processuale congolese non ha fugato definitivamente i dubbi, soprattutto per la famiglia Attanasio, che l’assalto fosse solo con l’intento di un rapimento a scopo estorsivo”.

Laconica la risposta fornita dal viceministro Cirielli: sulla questione della pretesa immunità dei due funzionari del Pam indagati dalla Procura di Roma, si è limitato a richiamare “le Convenzioni sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite del 1946 e delle Agenzie Specializzate del 1947”, secondo le quali spetta “al segretario generale dell’Onu e al direttore esecutivo del Pam la facoltà di rinunciare all’immunità di un proprio funzionario”. Secondo Cirielli, Onu e Pam hanno precisato che la collaborazione inizialmente offerta alla magistratura italiana è “avvenuta su base volontaria, senza implicare alcuna rinuncia alle proprie immunità né a quelle del personale dipendente”. Come a dire che quanto fatto finora è stato per gentile concessione. “Il Pam – aggiunge Cirielli – anche sulla base di un concorde parere della Fao e del segretariato Onu di New York, sostiene che il procedimento avviato dalla Procura della Repubblica contro i funzionari dell’Agenzia non debba proseguire, in quanto ritenuto violare l’immunità funzionale garantita dalle citate Convenzioni internazionali”.

Detto ciò, per il governo la palla passa all’Autorità giudiziaria. Idem per la seconda questione, la costituzione di parte civile: “Il Governo italiano si è costituito parte civile nel procedimento penale nella Repubblica Democratica del Congo”, ma “quanto al procedimento penale apertosi in Italia il Governo deve considerare, come sempre, l’interesse nazionale nel suo complesso. La necessità di fare giustizia, il rispetto per l’operato e l’indipendenza della nostra magistratura (cui spetta l’accertamento delle immunità) e anche il rispetto degli obblighi di diritto internazionale. Di tutti questi fattori occorrerà tenere conto”.

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