Il governatore della Banca d’Italia non l’ha detto esattamente in questi termini ma la sostanza è quella. Dietro alla performance, per una volta migliore della media europea, dell’economia italiana c’è anche e soprattutto il superbonus per l’edilizia. “Nel 2022 il valore aggiunto dell’economia è aumentato del 3,9 per cento, superando di quasi il 2 per cento il livello del 2019. L’attività è cresciuta soprattutto nelle costruzioni e in modo più contenuto nei servizi, mentre è rimasta pressoché invariata nella manifattura ed è diminuita nell’agricoltura”, si legge nella relazione annuale illustrata ieri. In particolare “nelle costruzioni il valore aggiunto ha continuato ad aumentare a ritmi elevati (al 10,2 per cento dal 20,7 nel 2021), superando del 25,3 per cento il livello del 2019. Nell’edilizia residenziale l’attività è stata sostenuta dagli incentivi fiscali per la riqualificazione del patrimonio abitativo e il miglioramento dell’efficienza energetica”. Non che Banca d’Italia faccia chissà quale scoperta. L’effetto superbonus era già stato rilevato e quantificato da diversi istituti. Tuttavia, come per gli altri dati, le parole della banca centrale sono una sorta di sentenza definitiva sull’argomento.

Il superbonus 110% è stato in sostanza eliminato lo scorso 16 febbraio con un decreto del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Troppo alti i costi, reali e potenziali, per le casse pubbliche e questo è un problema reale. Il solo superbonus è costato 61 miliardi di euro, anche se il conto andrebbe fatto tenendo poi conto dei benefici in termini di gettito aggiuntivo generato dalla spinta all’economia. Tuttavia prima di suonare le fanfare sui risultati dell’economia italiana il governo Meloni dovrebbe fare a sua volta i conti con la realtà. C’è di che gioire del fatto che l’economia italiana sia cresciuta nel 2022 più quelle di Stati Uniti, Germania o Francia. Lo scorso anno il Pil italiano è salito del 3,7%, quello tedesco dell’1,8%, il francese del 2,6% e lo statunitense del 2,1%. Anche le indicazioni sui primi tre mesi dell’anno sono incoraggianti, con un tasso di crescita (+ 0,6%) superiore alla media europea. La prova del nove sulla tonicità dell’economia italiana, una volta riposta “la bomba” superbonus, saranno però i trimestri successivi. Le prime indicazioni sul secondo (indici di fiducia, direttori di acquisto, esportazioni) non sono particolarmente brillanti.

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