La notizia è succulenta: dopo 36 anni, i Frankie Goes to Hollywood sono tornati sul palco con la formazione originale composta da Holly Johnson, Paul Rutherford, Mark O’Toole, Brian Nash e Peter Gill. L’evento si è svolto in occasione di una cerimonia inaugurale legata all’Eurovision Song Contest nella loro città natale, Liverpool. Durante l’esibizione è stata eseguita una sola canzone, “Welcome to the Pleasuredome”, brano iconico che apre l’album dallo stesso titolo pubblicato nel 1984.

Nei consueti nove punti di questo blog – nato nel 2011 – proverò a tratteggiarne il profilo: aneddoti, curiosità, musica.

Cominciamo!

1. Agosto 1985, il successo dei Frankie Goes to Hollywood è al culmine. Il loro singolo Two Tribes domina le classifiche inglesi per la nona settimana consecutiva. Per celebrare il traguardo, la band si esibisce vestendo abiti da sposa abbinati a pantaloni neri e papillon sul palco di “Top of the Pops”. Questa scelta provocatoria fu una dichiarazione di intenti in grado di sfidare le convenzioni sociali del tempo. Mark O’Toole dichiarò: “Non ci interessa ciò che la società considera ‘accettabile’. Vogliamo rompere gli schemi, sfidare le convenzioni e incoraggiare le persone ad essere autentiche e audaci. La nostra musica è una forma di ribellione creativa e vogliamo mostrarla al mondo”.

2. Sebbene sia difficile misurare l’impatto preciso che queste dichiarazioni ebbero sulla società dell’epoca, è innegabile che i Frankie Goes to Hollywood influenzarono la cultura popolare aprendo la strada a una maggiore accettazione della diversità e dell’autenticità individuale. In un periodo in cui molte questioni legate alla sessualità e all’identità erano ancora tabù, le parole e l’atteggiamento della band sfidarono le norme sociali e contribuirono ad ampliare i confini della libertà di espressione. Paul Rutherford afferma: “I Frankie hanno fatto della provocazione la loro bandiera. Volevamo far riflettere le persone, scuoterle e far sì che pensassero a cosa stesse accadendo nel mondo”. È vero, molte battaglie erano già state combattute negli anni ’70. Il progressismo aveva svolto un ruolo fondamentale in movimenti sociali e culturali come i diritti civili, il femminismo e la comunità LGBTQ+. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, l’accettazione della diversità e dell’autenticità individuale non era ancora universalmente diffusa.

3. Entriamo nello specifico del mondo musicale a loro afferente. Analogamente ad altri artisti e gruppi anni ’80, i Frankie Goes to Hollywood facevano parte di una scena in rapida evoluzione, in cui l’uso di strumenti elettronici e sintetizzatori divenne un imperativo. Cosa ve lo dico a fare? In termini di stile possiamo includere nella stessa risma Depeche Mode, Duran Duran, Pet Shop Boys, Bronski Beat, Erasure, Visage, Propaganda; infilate voi, in questa lista, quelli dimenticati. Andava in scena la cosiddetta “seconda ondata” della New Wave lentamente mutata nella grande stagione aurea della musica pop anni 80.

4. Ricordiamo alcuni punti essenziali di questa rivoluzione musicale. Per comprendere meglio, è importante stabilire un contesto temporale. Sebbene sia difficile determinare una data precisa, possiamo dire che a orientare il periodo, siano stati artisti pionieri come Roxy Music, Japan e “Prezzemolo” Bowie, già negli anni 70. Ma è all’inizio dei successivi che si definiscono significativamente le coordinate della seconda ondata della New Wave che include peraltro la corrente New Romantic. L’attenzione si sposta verso un’estetica visiva, raffinata e glamour, caratterizzata da abiti eccentrici, un trucco audace e acconciature voluminose. Ma la musica stessa non è da meno, con brani orecchiabili che “in superficie” dominavano le classifiche, ma che nel “profondo” celavano molto altro.

5. E che cosa nascondevano? Esistono brani musicali che si insinuano nella mente fin dal primo ascolto, con melodie irresistibili e un fascino popolare che non è possibile ignorare. Vengono in mente canzoni come Save a Prayer dei Duran Duran oppure The Power of Love degli stessi FGTH. Canzoni in grado di catturarti con melodie incisive e testi che toccano le corde emotive. Ma c’è di più! Questi pezzi sono autentici capolavori musicali, con arrangiamenti complessi che combinano abilmente elementi pop con l’uso di sintetizzatori, archi e percussioni. È un connubio perfetto di melodie coinvolgenti e una meticolosa attenzione ai dettagli musicali.

6. I Frankie Goes to Hollywood, con la loro peculiare visione artistica, si inseriscono perfettamente all’interno della grande stagione aurea del pop anni 80 che trova il suo culmine, proprio nel 1984. La band ha pubblicato due dischi ufficiali: “Welcome to the Pleasure Dome” il 29 ottobre 1984 e “Liverpool” il 20 ottobre 1986, entrambi sotto l’etichetta discografica ZTT Records.

7. Welcome to the Pleasuredome è un album straordinario che si distingue per la sua capacità di esplorare generi musicali diversi, combinando pop, rock, dance e orchestrazione sinfonica in modo audace e innovativo. È evidente sin dalla title track che la band non ha paura di sperimentare e di superare i confini oltre le convenzioni. Le canzoni si collegano in modo sorprendente, creando un mix in cui chitarre e sintetizzatori si fondono in perfetta armonia, sostenuti da una sezione ritmica incisiva. La varietà di generi musicali e l’audacia delle sperimentazioni sonore rendono l’album un’esperienza coinvolgente e emozionante. Se ancora non l’avete capito, “Welcome to the Pleasuredome” è un’opera straordinaria da esporre sugli scaffali della vostra cameretta. Menzione per la copertina del doppio vinile a portafoglio, realizzata dall’artista inglese Lo Cole; un design distintivo e iconico, con una combinazione di elementi visivi che riflettono lo spirito provocatorio e sperimentale della band. Quando uscì il disco, quei disegni, crearono nel sottoscritto, allora quattordicenne, più di un quesito (e anche qualche turbamento).

8. Liverpool è un album che ha suscitato reazioni contrastanti e non ha replicato il successo travolgente di “Welcome to the Pleasuredome”. Sebbene presenti momenti di energia e creatività, è meno accessibile rispetto al suo predecessore. Le canzoni, pur offrendo una miscela di suoni e stili interessanti, possono risultare poco orecchiabili rispetto ai successi precedenti. Tuttavia, va sottolineato che “Liverpool” mantiene comunque la firma unica dei Frankie Goes to Hollywood, con brani che spaziano tra diversi generi e con una produzione curata. Sebbene non abbia ottenuto lo stesso impatto commerciale del suo predecessore, l’album offre un’esperienza musicale intrigante per chi è disposto ad esplorare territori sonori meno convenzionali. Non vi consiglio di esporlo in camera ma comunque è un disco che dovete avere.

9. Ora, che cosa aspettarsi dopo la performance all’Eurovision? L’esibizione a Liverpool potrebbe essere un segnale di un rinnovato interesse e di un potenziale ritorno sulla scena musicale. Sarà interessante seguire gli sviluppi futuri della band e vedere cosa riserverà il futuro. Si vocifera, infatti, che Johnson e soci potrebbero essere aperti a nuove opportunità e progetti musicali insieme. Ciò, potrebbe includere soprattutto la possibilità di rivederli dal vivo; del resto le reunion di band storiche sono all’ordine del giorno, perché non immaginare anche loro nuovamente on stage in giro per il mondo?

Vi lascio con una playlist a loro dedicata di nove brani e che potrete ascoltare gratuitamente sul mio canale Spotify.

Buon ascolto!

9 canzoni 9 … dei Frankie Goes to Hollywood: