“Cara Tefta, io non ti conosco, eppure in qualche modo la sorte, la cattiva sorte, fa di noi due persone vicine. So bene che il dolore ciascuno lo attraversa a modo proprio ma devi credermi se ti dico che io penso di sapere cosa stai provando. Io lo so perché sono passata nel tuo stesso buio. L’11 maggio di due anni fa mio figlio Mirko provò a difendermi dall’uomo violento che avevo malauguratamente amato e che avevo poi lasciato e denunciato, quando la nostra storia era diventata per me una prigione. Quell’11 maggio si presentò all’alba armato della sua vendetta. E cominciò a colpirmi con un coltellaccio: una, due, tre, 18 volte”. Poche volte si interviene a proposito nei casi di cronaca nera più feroce – come quello della sedicenne ammazzata dal padre perché ha fatto scudo alla madre – e la lettera di Paola Piras riportata dal Corriere della Sera, è uno di quelli.

Questo perché Paola Piras, 52 anni, fu brutalmente aggredita dall’ex compagno dal quale tentò di difenderla il figlio Mirko, di 19, ucciso da Masih Shahid, il 30enne pakistano condannato all’ergastolo per l’omicidio del ragazzo. Era l’alba dell’11 maggio del 2021 quando quell’uomo, che lei aveva amato e accolto in casa per più di un anno, fece irruzione nella sua abitazione a Tortolì, in Sardegna, e l’accoltellò 18 volte, per vendicarsi di esser stato lasciato e denunciato per stalking. In casa, con lei, c’era il figlio Mirko che, svegliato dalle urla della madre, corse a difenderla: le salvò la vita, a costo della propria. La donna fu trasportata in fin di vita in ospedale, fece 40 giorni di coma e poi mesi di riabilitazione.

Mirko come tua figlia Gessica. Due ragazzi perduti per difenderci da uomini tanto forti di violenza quanto privi di coraggio per sopportare un addio – scrive ancora Piras – Ho pensato tante volte, a questo tipo di uomini. Non siete capaci di reggere l’abbandono? Sentite di non poter più vivere senza la donna che vi ha lasciato? Se tutto questo diventa per voi così tanto distruttivo, uccidetevi. Rivolgete a voi stessi il male che avete dentro, oppure fatevi aiutare a liberarvene” le parole della donna alla madre di Gessica. “E poi ti auguro che nessuno, dall’esterno, osi mai dire che è stata colpa tua, perché quello fa male, avvelena i pensieri, ti mette sullo stesso piano dell’assassino. Una malignità. Con me l’hanno fatto più volte – racconta Piras – Colpa mia, ha detto qualcuno, perché, dopo la separazione, non sono stata solo madre e santa ma mi sono avventurata in una storia sbagliata, con un uomo violento, per di più pachistano”.

Intanto restano stazionarie le condizioni di salute della donna che si trova in prognosi riservata ma non è in pericolo di vita: lei è stata ferita con sei coltellate all’addome. Quando è arrivata in ospedale era sotto choc, pertanto i medici sono stati costretti a sedarla. In giornata potrebbe essere ascoltata dai carabinieri.
Fondamentali saranno le sue dichiarazioni sia per cercare di ricostruire l’esatta dinamica e il movente del duplice omicidio. Taulant Malaj che nella notte tra sabato e domenica scorsi ha accoltellato a morte la figlia Jessica – colpita con almeno una decina di fendenti tra addome e torace – ha ucciso anche Massimo De Santis, 51 anni, perché riteneva che avesse una relazione con la donna.

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“Avevo il diavolo nel cervello”, confessa l’uomo che ha ucciso la figlia. Il bimbo di 5 anni salvo perché si è nascosto

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