Napoli è una città che mi chiama, mi chiamò nel 2008 per girare il documentario Vietato respirare sull’immane tragedia dei rifiuti tossici, con il percolato che come un mostro liquido andava a inquinare la terra, così mi ha chiamato ancora nel 2023, questa volta per un motivo gioioso: il terzo scudetto dell’amatissima squadra di calcio.

Mi sono fatto scortare da Marietto, un mio amico napoletano, per farmi da guida virgiliana nell’inferno felice dei festeggiamenti, al Napoli bastava solo un pareggio contro l’Udinese per vincere lo scudetto. E così è stato. A Napoli mi sento libero, è una città in cui se chiedi indicazioni a un vigile urbano, ti può mandare dritto in un senso unico per farti raggiungere la destinazione. Napoli è una città in cui non ho paura di ingrassare, o meglio: non me ne frega nulla di ingrassare. Una pizza e un babà e mi sento in paradiso.

Napoli è la città in cui Leopardi tornava bambino gustandosi un gelato. Una città esondante, di una bellezza che toglie il fiato, una città vulcanica, fantasiosa, avvolgente e travolgente. A Napoli la vita inventa se stessa e le regole fanno fatica a starle dietro. Napoli è anche una città violenta, paradossale, catastrofica, ma a Napoli l’omologazione ha fallito, non puoi omologare un napoletano, per questo Napoli non sarà mai una città volgare, la volgarità è sempre artefatta, adulterata, sofisticata, mentre Napoli è istintiva e naturale, ribollente, e non c’è nulla di più falso di una cartolina napoletana, proprio perché Napoli non la puoi imprigionare in una cartolina.

Con Marietto siamo andati a seguire la partita in un ristorante turistico vicino a Castel dell’Ovo, abbiamo sacrificato una trattoria genuina in cambio di un panorama suggestivo per ragioni “cinematografiche”, la mia idea era quella di riprendere i festeggiamenti da lontano, in campo lungo, e poi inoltrarmi nella bolgia, rischiando i timpani, un atto di coraggio per un “acufenico” come il sottoscritto. “A Napoli non si possono fare programmi, Riccà” così mi ha detto Marietto, ma in me c’è anche una parte milanese molto ostinata.

La partita finalmente inizia proprio quando ci portano l’antipasto di mare, a un certo punto la vescica mi spinge verso il bagno, quando torno Marietto ha una faccia da funerale “L’Udinese ha segnato”. No, tragedia. Mi metto le mani nei capelli immaginari. “Riccà, non è che porti sfiga?” mi fa Marietto. Sono disperato, ma Marietto mi tranquillizza, “È buono che l’Udinese abbia segnato quasi all’inizio della partita, c’è tempo per recuperare, però Riccà non andare più in bagno”. Anche io che sono un uomo razionale, devoto ai Lumi, mi metto a pregare San Gennaro. Non si sa mai, questo è il bello della vita: alla fine non si sa mai.

Infatti finalmente arriva il pareggio del Napoli e io posso dare un nome a chi ha salvato il mio film: Victor Osimhen. Sarebbe stato quasi impossibile per me restare fino a domenica, avevo bisogno che il Napoli vincesse lo scudetto. Grazie Osimhem, grazie Napoli.

Il resto, il delirio dei festeggiamenti, lo lascio descrivere al mio film, in fondo sono sceso a Napoli per girare delle immagini, per farne un piccolo film. L’unica cosa che ho trovato insopportabile sono state le trombette, quelle maledette trombette che torturavano i miei timpani ogni tre secondi, per questo mi sono vendicato con la colonna sonora del film, mettendo tra una trombetta e l’altra dei madrigali.

Vi dico solo l’ultima cosa: sulla strada del ritorno per Milano, abbiamo trovato fissa in corsia di sorpasso una Panda, Marietto era alla guida, faceva i fari, suonava, ma la Panda non si spostava, orgogliosamente irremovibile. Marietto allora l’ha superata a destra, una rapida occhiata al guidatore e se n’è uscito con questa espressione napolatena “Ma che faccia da pesce a brodo tieni!”, “Marietto, che significa pesce a brodo?” “Non hai visto la faccia che aveva? come quella di un pesce che viene a galla nel brodo” e mima l’espressione del pesce. Ecco, Napoli è anche questo, una serie di modi di dire assolutamente perfetti, non c’era altro modo per definire il guidatore di quella Panda.

Poi siamo arrivati a Milano in 6 ore e mezza, con soste. Marietto guida bene.

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