Eppure questi migranti fanno anche gola. Il ministero dell’Economia del governo più a destra della storia italiana fa due conti e si accorge dei benefici che un aumento degli arrivi dall’estero provocherebbe sui conti pubblici. In tempi di tracollo della natalità, con la prospettiva di trovarsi in un futuro non troppo lontano con un pensionato per ogni occupato, non servono chissà quali studi per capire che, stando così le cose, la salvezza delle finanze statali può arrivare solo da lontano. In base alla simulazione contenuta nel Documento di finanza pubblica redatto dal Tesoro se i migranti che lavorano in Italia aumentassero di un terzo rispetto alle cifre attuali entro il 2070 il debito pubblico potrebbe diminuire di oltre 30 punti percentuali in più rispetto al caso in cui il numero di stranieri rimanesse quello attuale. Viceversa, un calo della popolazione di migranti del 33%, causerebbe un aumento del debito di 60 punti.

Il Def prevede che il debito pubblico italiano scenda al 140,4% del Pil nel 2026 dal 142,1% di quest’anno. Per quello che rimarrebbe comunque di gran lunga il paese più indebitato d’Europa dopo la Grecia, con titoli di Stato sul mercato per oltre 2mila miliardi di euro, non è cosa di poco conto. Come ricorda l’agenzia Reuters il presupposto dei calcoli fatti dal ministero guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti è che un aumento del numero di migranti si traduca in una forza lavoro più ampia, che a sua volta contribuisce a stimolare l’attività economica.

“Considerata la struttura demografica dei migranti che entrano in Italia, l’effetto sulla popolazione residente in età lavorativa è significativo“, rileva il Tesoro. Con una delle popolazioni più anziane del mondo, bassi tassi di natalità e occupazione, l’Italia ha pochi lavoratori per sostenere la sua spesa previdenziale che è attesa raggiungere un picco del 17,4% del Pil nel 2036, dall’attuale 16%, prima di scendere e stabilizzarsi intorno al 14% al 2060-2070. I dati contenuti nel Documento di economia e finanza (Def), ricorda Reuters, arrivano mentre il governo di Giorgia Meloni fatica a gestire l’impennata degli arrivi di migranti dal Nord Africa.

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