“Era arrivato nella zona di Idlib da dieci giorni. Era controllato dagli Stati Uniti. Lo hanno ucciso quando è uscito dalla sua abitazione e passeggiava mentre parlava al telefono”. Rami Abderrahman, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, parlando alla tv panaraba al Arabiya, ha spiegato la dinamica che ha portato alla morte Khaled Aydd Ahmad al-Jabouri, leader dell’Isis che era responsabile degli attacchi in Europa, ucciso da un raid statunitense in Siria. A dare la notizia è stato il Comando centrale Usa (Centcom), secondo cui la sua scomparsa priverà “temporaneamente” l’autoproclamato Stato islamico della “capacità di organizzare attacchi all’estero”. L’Osservatorio, che si avvale sul terreno di una fitta rete di informatori, aggiunge che era di origini irachene e viveva da anni nella regione siriana orientale di Dayr az Zor. Dal 2019 a oggi, la maggior parte degli esponenti di spicco dell’Isis sono stati uccisi da attacchi aerei Usa sempre nella regione nord-occidentale di Idlib: in territori sotto forte influenza turca e lontano dalle regioni orientali siriani dove l’Isis opera. Il generale Michael Kurill, responsabile del Centcom nell’area, ha confermato la morte dell’uomo e ha spiegato che “lo Stato islamico rappresenta ancora un pericolo per la regione. Il gruppo era in grado di svolgere operazioni nella regione e voleva operare al di fuori del Medio Oriente”. Nell’operazione non ci sono state vittime civili o feriti, ha riferito l’esercito.

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