Caro ministro Sangiuliano,

Sono passati un bel po’ di anni da quando eravamo compagni di scrivania alla redazione dell’Indipendente dei tempi d’oro, regia di Vittorio Feltri. In attesa del G8 a Napoli fui spedita a fare perlustrazioni in loco sulle condizioni d’igiene e di accoglienza prima dell’arrivo dei big della terra. Il mio resoconto fu impietoso, topi – a Napoli le chiamiamo zoccole – che rovistavano tra cumuli di monnezza proprio alle spalle dell’hotel Excelsior sul lungomare che avrebbe ospitato i leader del mondo.

A giugno 2023 Palazzo Reale ospiterà la Conferenza Mondiale dell’Unesco, fortemente da Lei voluta. Occorre che Napoli si presenti in grande splendore. Ci teniamo tutti a fare bella figura.

Mi sono portata avanti e ho fatto un giro per via Toledo e dintorni, una sera qualsiasi. Una mangiatoia a cielo aperto, contenitori traboccanti di immondizia (erano solo le 21) con immondi avanzi per terra, marciapiedi invasi da ogni genere di vu cumprà, venditori ambulanti di hot dog e panini. Vede ministro, passare dalla Grande Bellezza alla Grande Bruttezza è un attimo. Cosa direbbe il viceré spagnolo don Pedro Toledo che nel 1536 fece costruire la strada lungo la cinta muraria di epoca aragonese? Sfociando su Palazzo Reale e il Teatro San Carlo nei secoli è diventata il cuore dello “struscio” della nobiltà. E oggi? Le fioriere ornamentali della imponente facciata di marmo (fresca di restauro) delle Gallerie d’Italia, che ospitano il meglio della pittura barocca, sono svilite a poggiasederi stanchi per gozzovigliare e buttare gli scarti per terra. I dehors di baretti e pizzerie (anche nei vicoli adiacenti) non bastano, tavolini e sedute sono tentacoli che si estendono ben oltre lo spazio consentito. A Napoli si dice: si sono presi scostumatamente il dito con tutta la mano e pure il braccio.

Ultima novità: in via Toledo due noti locali si sono aggiunti quattro tavoli stand che sono d’intralcio al passaggio. A Piazza Trieste e Trento due famosi bar fanno da padroni oltre i gazebo (la pandemia è finita, riduciamoli. A Milano lo hanno già fatto). I frigo panciuti come le pance di chi ingurgita sfogliatelle e babà costringono i passanti a mettersi in fila indiana. Mentre il caffè dirimpettaio si deve essere detto: E che so’ fesso… e ha piazzato i tavolini sul sagrato della monumentale settecentesca chiesa di San Ferdinando. Tra gli estremi onori resi al defunto c’è quello di sfilare in mezzo ai cappuccini, non i frati, ma quelli schiumosi. Sorte toccata alle esequie di mia zia (su di lei la pace).

Dopo le 20 scarti di imballi e stampelle dei negozi diventano piramidi di cartonage sui marciapiedi (in Corso Vittorio Emanuele a Milano non succede). Portali di palazzi vanvitelliani fanno da sentinelle a stracumuli di cartonate. Chi ha consentito ciò si vada a fare un giro notturno e trovi una soluzione più smart. Una gliela suggerisco io: mettere un paio di campane di compostaggio alle spalle di via Toledo.

Napule è addore e’ mare, Napule è na’ carta sporca, E nisciuno se ne importa, E ognuno aspetta a’ sciorta cantava Pino Daniele, invece al sindaco Manfredi importa eccome, uomo d’intelletto e d’azione come Lei. Ma da solo non è ancora attrezzato per fare miracoli. Già partiti i suoi appelli: non pittate i monumenti d’azzurro per festeggiare la vittoria dello scudetto. Qualcuno suggerisce di mandare l’esercito. Già per difendere Napoli dagli stessi napoletani, quelli che appartengono alla razza incolta.

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