“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. L’articolo tre della Costituzione vale per tutti ma non per i circa quaranta bambini e ragazzi di etnia rom del campo regolare di Chiesa Rossa a Milano, uno dei quattro insediamenti autorizzati rimasti in città e non ancora sgomberati. La loro scuola, l’istituto comprensivo Arcadia si trova a circa 2,5 chilometri da casa ma per arrivarci, a differenza degli altri alunni milanesi non hanno un marciapiede e sono costretti ad attraversare i campi, d’inverno e d’estate. Da dieci anni è così e proprio in quest’ultimi giorni il problema è tornato a galla.

Ad abolire il servizio di scuolabus era stata la giunta di Giuliano Pisapia ma da allora, nonostante le richieste e le manifestazioni davanti a palazzo Marino, gli studenti del campo sono rimasti abbandonati. A raccontare la situazione a ilFattoQuotidiano.it è Dijana Pavlovic, per il Movimento Kethane – Rom e Sinti per l’Italia: “E’ una situazione paradossale che abbiamo documentato anche in un docu-film che presenteremo a breve. Sono stati messi lì dall’allora giunta Albertini e da quel momento il campo è diventato sempre più un vero e proprio villaggio, pulito, ordinato. Sono gli stessi rom a mantenere il campo che dà ospitalità a circa 250 persone ma quei bambini non possono e non devono essere discriminati. Se non si vuole mandare uno scuolabus si aumentino le fermate della linea 79 dell’autobus fino ad arrivare al campo in modo che il servizio pubblico venga utilizzato anche da altri”.

In questi anni, racconta Pavlovic, il Comune ha preferito investire sula vicina scuola dando finanziamenti atti all’integrazione dei rom ma tra le priorità non è stato stabilito il servizio di scuolabus. D’altro canto il dirigente – interpellato – risponde che lui “non è l’assessore alla mobilità”. Il preside Giampaolo Bovio ce la mette tutta per accogliere questi ragazzi: “Abbiamo avviato diversi progetti e corsi anche con la Fondazione dei padri Comaschi; abbiamo cercato di occuparci del problema dell’evasione scolastica; abbiamo avviato delle ore di recupero. Ogni anno quando stilo la relazione annuale al Comune rispetto ai fondi (tra i 20 e 30mila euro) che mi sono assegnati metto in rilievo questa criticità di come devono arrivare a scuola questi ragazzi ma più di così non posso fare. Non ho la pertinenza per occuparmi di mezzi pubblici”. Sentito l’assessore alla Sicurezza, Marco Granelli, di fronte alla contestazione di aver tolto il servizio dieci anni fa rimanda il problema sull’ufficio mobilità che, nonostante, però non è stato in grado di fornire spiegazioni.

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