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Libano, la Francia arma la repressione delle proteste: tante denunce, zero indagini

Libano, la Francia arma la repressione delle proteste: tante denunce, zero indagini
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Omar ha subìto danni permanenti a un occhio centrato da un candelotto di gas lacrimogeno l’8 agosto 2020 durante una protesta a Beirut. Lo stesso giorno, Hussein ha rischiato di perdere un occhio colpito da un proiettile di gomma. Dall’ottobre 2019 il Libano è attraversato da proteste di massa: contro la crisi economica, contro la corruzione, contro l’impunità per i responsabili della strage al porto di Beirut, contro il mancato accesso alle cure mediche e per altri motivi ancora.

Nel rapporto pubblicato da Amnesty International a metà marzo sulle armi meno letali che diventano letali, c’è spazio anche per la situazione libanese: l’uso sconsiderato di proiettili di gomma e di metallo e dei gas lacrimogeni esplosi da distanza ravvicinata e mirando alla testa, al petto e alla schiena ha causato almeno tre morti e centinaia di feriti. Le numerose denunce presentate dai collettivi di avvocati non hanno dato alcun risultato: zero indagini.

Ma chi è che arma la repressione delle proteste libanesi? La Francia. Il Crisis Evidence Lab di Amnesty International ha identificato proiettili di gomma Sapl Gomm-Cogne, candelotti di gas lacrimogeno Nobel Sport Sécurité MP7, Alsetex CM4 e CM6, lanciatori Alsetex Land Cougar dodici predisposti per essere montati sui veicoli militari; lanciatori di granate Alsetex Chouka e Cougar e veicoli blindati Arquus Sherpa.

Le leggi in vigore in Francia sull’esportazione di armi permettono il loro trasferimento a forze di sicurezza di Stati che violano i diritti umani. Amnesty International e decine di altre organizzazioni per i diritti umani chiedono da tempo un trattato internazionale che metta al bando la produzione e il commercio di armi ed equipaggiamenti intrinsecamente atti a causare violazioni dei diritti umani.

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