Da Iron Man a Ex Machina, la stragrande maggioranza di lungometraggi in cui compaiono le Intelligenze artificiali sembra basarsi unicamente su personaggi maschili, solitari e geniali. A documentare questa curiosa disuguaglianza di genere uno studio, pubblicato sulla rivista Public Understanding of Science, condotto dagli scienziati del Leverhulme Center for the Future of Intelligence (LCFI) dell’Università di Cambridge.

Il gruppo di ricerca, guidato da Kanta Dihal e Stephen Cave, ha esaminato la produzione cinematografica relativa al periodo compreso tra il 1920 e il 2020, passando in rassegna oltre 1.400 pellicole e lungometraggi ambientati in universi narrativi popolati da intelligenze artificiali. Dall’insieme iniziale, gli scienziati hanno selezionato 142 opere particolarmente influenti per una serie di motivazioni. Il 92 per cento dei 116 personaggi di rilievo in questi film, riportano gli studiosi, era costituito da figure maschili. Nove, in totale, le rappresentazioni di ruoli femminili, in particolare otto scienziate e una amministratrice delegata. Circa la metà di queste attrici ricopriva una parte comunque considerata subordinata al genere opposto.

Nell’industria dell’Intelligenza artificiale si riscontra già una notevole disuguaglianza di genere, tanto che, secondo le stime attuali, le donne sono impiegate solo nel 22 per cento delle professioni di rilievo, e co-firmano solamente circa il 12 per cento delle pubblicazioni scientifiche relative a questo campo di studi.

La fantascienza, inoltre, può influenzare la realtà in diversi modi, mentre le percezioni culturali, derivanti anche in parte dalla produzione cinematografica, possono condizionare le scelte e le posizioni lavorative, ma anche i processi di reclutamento. Basti pensare all’“Effetto Scully”, documentato da una ricerca condotta nel 2018, per il quale il 63 per cento delle donne impegnate in una carriera nelle discipline STEM avrebbe dichiarato di aver selezionato questo percorso grazie al modello di Dana Scully, la celebre co-protagonista della fortunata serie The X-Files. In quest’ottica, il cinema potrebbe quindi contribuire ad alimentare uno stereotipo culturale negativo legato alle disuguaglianze di genere nel settore dell’Intelligenza artificiale.

“Film come Iron Man o Ex Machina – afferma Dihal – promuovono la percezione culturale dell’Intelligenza artificiale come un prodotto destinato a uomini solitari e geniali”. Il primo lungometraggio che raffigurava una donna in ruolo chiave legato all’Ia è stata la commedia Austin Powers: International Man of Mystery, rilasciata nel 1997. In questo caso, il buffo personaggio di Frau Farbissina era stata l’ideatrice dei Fembot, un’Intelligenza artificiale dalle sembianze femminili. L’esempio successivo, due anni dopo, fu L’Ispettore Gadget, con la figura di Brenda Bradford, seguito dalla dottoressa Susan Calvin, di Io, Robot, distribuito nelle sale nel 2004.

Dopo un notevole salto temporale, gli autori hanno evidenziato la parte di Ava, dal lungometraggio The Machine (2013) e quella di Evelyn Caster, da Transcendence (2014). Proseguendo in ordine temporale di uscita del titolo, gli studiosi riportano poi la dottoressa Dahlin in Ghost in the Shell (2017), Quintessa, un personaggio alieno in una pellicola della fortunata serie di Michael Bay Transformers (2017) e l’emoji scienziata Smiler dall’Emoji Movie del 2017. Da ultimo, infine, i ricercatori evidenziano il personaggio di Shuri, la scienziata wakandiana dell’universo Marvel, apparsa sul grande schermo per la prima volta nel 2018 in Black Panther. Questa disuguaglianza di genere, ipotizzano gli autori, potrebbe essere associata a una sostanziale carenza di registe e sceneggiatrici nel mondo di Hollywood. Tale discrepanza, però, potrebbe avere conseguenze significative sulla realtà lavorativa delle donne nelle discipline STEM, e, in particolare, nell’ambito dell’Intelligenza artificiale.

“La disuguaglianza di genere nel settore dell’Ia è sistemica e pervasiva – commenta Dihal – i film mainstream rappresentano un forte amplificatore degli stereotipi culturali. Il nostro inventario cinematografico mostra che le donne sono gravemente sottorappresentate nel mondo dell’Intelligenza artificiale. Dobbiamo evitare che questi stereotipi influenzino eccessivamente questo affascinante settore, che negli ultimi anni sta diventando sempre più pervasivo della nostra realtà”.

Valentina Di Paola

Lo studio

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