“Le condizioni di Julian Assange peggiorano di giorno in giorno, ormai si trova in un carcere di sicurezza da quasi 4 anni. Mantenerlo in questa condizione è soltanto una punizione. Ma questo è un caso politico, non giuridico. Perché quello che ha fatto è stato soltanto svelare crimini commessi dagli Stati, mostrare le uccisioni di civili e ogni dettaglio di guerre illegali”. A rivendicarlo, Stella Moris, moglie di Julian Assange, invitata a parlare al convegno ‘Il caso Assange e il diritto alla verità‘ (qui la registrazione integrale dell’evento), promosso a Montecitorio dall’europarlamentare M5s Sabrina Pignedoli, dalla deputata M5s Setafania Ascari e al quale hanno partecipato anche l’ex M5s Alessandro Di Battista e la vicedirettrice del Fatto Quotidiano, Maddalena Oliva.
Assange è incarcerato da quasi quattro anni, dall’11 aprile 2019, nella prigione londinese di massima sicurezza, Belmarsh, che doveva diventare la ‘Guantanamo’ inglese. Sotto accusa per aver reso pubblici documenti che testimoniavano i crimini di guerra commessi dalle truppe degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq, Assange ha perso la libertà il 7 dicembre 2010. Già il padre John Shipton un anno fa aveva attaccato da Roma ai microfoni del Fattoquotidiano.it parlando della “grottesca persecuzione dei tribunali inglesi” ai danni del fondatore di Wikileaks. Poi, dopo il via libera all’estradizione da parte della Gran Bretagna e il ricorso dello stesso Assange, si attende ancora il verdetto della High Court del Regno Unito in merito. In caso di estradizione negli Stati Uniti, con 18 capi di imputazione, tra i quali l’accusa di spionaggio, l’attivista rischia 175 anni di carcere.
“Julian si trova da anni in prigione dopo essersi battuto per difendere le regole e i principi, questo è un mondo alla rovescia. C’è stato un abuso del processo legale per fare di lui un caso e mandare un segnale a chi vorrebbe fare le stesse cose: ossia denunciare i crimini di guerra più terribili e l’impunità di chi li ha commessi”, ha denunciato Stella Assange. Attaccando Stati Uniti e Gran Bretagna, così come chi vuole continuare a tenere recluso suo marito e lasciare nel silenzio il suo caso. “Julian aveva deciso di venire in Europa quando decise di pubblicare tutti quei documenti, perché qui era nata la democrazia. E contava di essere tutelato perché non aveva violato alcuna legge”, ha continuato. Al contrario, il Regno Unito, ha attaccato, “facilita dal 2010 la sua detenzione arbitraria” e dal “2019 lo ha trasferito in un carcere di massima durezza”.
Per questo, in attesa che finisca l’iter processuale, l’appello è ora rivolto all’Unione Europea: “Il dovere dell’Europa – ha rivendicato Stella Assange – è mobilitarsi in sua difesa, se c’è un posto in cui bisogna battersi per la difesa dei diritti, quel posto è qui”. Non senza ricordare come quotidiani come il New York Times, The Guardian, Le Monde, El Pais e Der Spiegel abbiano già lanciato un appello per chiedere la liberazione di Assange, perché, il caso Assange “è un attacco alla libertà di stampa“. “Il caso Assange è entrato nel Parlamento Ue soltanto dopo la nomina al premio Sacharov, ma come nel caso Aleksej Naval’nyj, quando venne la figlia, anche questa volta a parlare è venuta Stella Moris. Ma noi non siamo la Russia, non vogliamo essere come la Russia e dobbiamo essere differenti. L‘Ue deve chiedere la liberazione di Assange agli Stati Uniti“, ha rivendicato l’europarlamentare M5s Sabrina Pignedoli.
Al convegno è intervenuto anche Alessandro Di Battista, ex deputato del M5s, oggi reporter: “Se dovesse morire Julian Assange, purtroppo un’eventualità che mi dispiace dire davanti alla moglie, tra i responsabili ci sarebbero anche i giornalisti che oggi stanno zitti per salvaguardare il proprio conto in banca, le proprie carriere, i propri spazi mediatici, trasformandosi in biechi sostenitori delle verità comode”, ha attaccato. Mentre il presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli, ha annunciato che a Julian Assange verrà consegnata una tessera d’onore da giornalista. “Siamo qui per difendere non solo la causa di un uomo incarcerato ingiustamente ma anche per difendere un principio che è quello della libertà dell’informazione”.
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