Il mare era forza 4 – e non forza 7 come ripetuto per tutta la giornata di domenica – e la Guardia Costiera aveva tutti i mezzi navali per intervenire in sicurezza, ma ha operato secondo le regole d’ingaggio. Cioè non è intervenuta perché non c’è mai stato un allarme per una missione search and rescue, che significa “cerca e recupera”. Si dice “provato umanamente ma professionalmente a posto” il comandante della Capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi, che parla per la prima volta dalla mattina della strage e lo fa nelle ore in cui la Guardia Costiera è finita dentro tutti i principali punti interrogativi del naufragio di Crotone. Dalle sue parole pronunciate nell’incontro con la stampa traspare un po’ di nervosismo: “Perché non siamo usciti? – si chiede – Non è così il discorso. Dovreste conoscere i piani, gli accordi che ci sono a livello ministeriale. Le nostre regole di ingaggio sono una ricostruzione molto complessa, non da fare per articoli di stampa. Ci sarebbe bisogno di specificare molte cose su come funziona il dispositivo per il plottaggio dei migranti, da che arrivano nelle acque territoriali a che poi debbano essere scortati o accolti: le operazioni le conduce la Gdf finché non diventano Sar. In questo caso la dinamica è da verificare“. Purtroppo Aloi non spiega meglio la “ricostruzione” che la stampa avrebbe potuto decidere se “complessa” oppure no. Però precisa che le regole d’ingaggio di cui parla – che “sarebbe troppo lungo specificare quali sono” – sono “spesso regole che non promanano dal ministero a cui appartengo, promanano da quello dell’Interno”.

Ad ogni modo un punto fermo fissato dal comandante è che alla Guardia Costiera risulta che “domenica il mare fosse forza 4 ma motovedette più grandi avrebbero potuto navigare anche con mare forza 8. A noi non è giunto nessun allarme? Ripeto, adesso c’è un intricato discorso di ricostruzione dei fatti del quale non posso e non mi posso permettere di anticipare le conclusioni perché non ci siamo nemmeno arrivati. Stiamo rifacendo tutto il percorso dei fatti e poi riferiremo all’autorità giudiziaria”. Il dispiacere di Aloi, comprensibilmente, nasce dalla lettura sui giornali, che dicono – sottolinea – “che non abbiamo fatto il soccorso”. “Comprendiamo che ne puoi salvare 100mila ma poi è quell’unico ragazzino o bambino o famiglia che non riesci a salvare che fa sembrare inutile il tuo lavoro – si sfoga l’ufficiale – Non si tratta di burocrazia e di qualunque esperienza si può fare tesoro. Vedremo alla fine delle indagini che non sono solo penali ma anche interne e amministrative. Sono provato umanamente ma professionalmente sono a posto”. Come noto, la Procura di Crotone ha aperto un’inchiesta ma – precisa Aloi – “non riguarda noi, riguarda in generale l’andamento dei fatti. Se e quando saremo chiamati a dare la nostra versione, atti alla mano, brogliacci di telefonate, comunicazioni che ci sono state, noi riferiremo. Per ora non ci è stato chiesto materiale né siamo stati convocati”.

In un’intervista a Repubblica, il procuratore Giuseppe Capoccia ha confermato il mancato intervento della Guardia costiera dopo che l’imbarcazione era stata avvistata (nella serata di sabato) dall’agenzia europea Frontex, e dopo che una motovedetta della Guardia di finanza era già uscita a cercarla. “Sì, è vero, nessuno ha mai dichiarato un evento Sar per questo barcone e quindi non è mai partita un’operazione di ricerca e soccorso. Ricostruiremo tutto ma mi fa rabbia, come padre di famiglia, come cittadino, pensare che forse qualcosa si poteva fare per salvare quelle persone”. Capoccia ha escluso che si possa arrivare a contestare l’ipotesi di omissione di soccorso. Per il magistrato “il ruolo di Frontex andrebbe proprio ripensato. Penso che stia venendo fuori un sistema smagliato, dove ciascuno fa il suo, ma che alla fine si traduce in un ‘vado io, vai tu‘ che può portare a situazioni tragiche come questa”. La Procura al momento sta procedendo per omicidio e disastro colposo e favoreggiamento dell’immigrazione irregolare.

Dopo le ulteriori operazioni di individuazione dei corpi il numero delle vittime è salito a 67, 16 dei quali erano minori. Mercoledì mattina sulla spiaggia di Steccato di Cutro è stato trovato il corpo di una bambina, mentre la sera prima i soccorritori hanno recuperato quelli di un uomo intorno ai trent’anni e di un altro bimbo, di età presunta tra i sette e i dieci anni. I cadaveri sono tutti stati trasportati al palazzetto dello sport di Crotone per le identificazioni, mentre i sopravvissuti vengono sentiti a sommarie informazioni dai magistrati. Al momento è stata ricostruita l’identità di 28 salme: si tratta di 25 afghani, un pakistano, un palestinese e un siriano. A partire dalle 9 al Palasport è stata aperta la camera ardente: centinaia di cittadini e tutti i sindaci del territorio, in fascia tricolore, si sono messi in fila per rendere omaggio alle vittime.

Sulla vicenda il governo ha convocato e poi annullato – con una telefonata ai cronisti accreditati – una conferenza stampa a Palazzo Chigi ad argomento siccità alla quale avrebbe dovuto partecipare tra gli altri il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, da cui dipende la Guardia Costiera. Nelle stesse ore, con una nota, il vicepremier si è scagliato contro le ricostruzioni dei buchi nei soccorsi: “Non una parola contro i veri responsabili della strage (cioè i trafficanti di esseri umani), ma insulti e fango contro la Guardia costiera e il sottoscritto. Trovo vergognoso che i giornali di sinistra scarichino le colpe sulle donne e gli uomini in divisa, oltretutto in un momento delicato di minacce anarchiche alle istituzioni. Sono abituato alle menzogne contro di me, ma non accetto infamie su chi da sempre, tra enormi sforzi e sacrifici, salva vite umane”, attacca. E minaccia querele: “Aiutare chi è in difficoltà non è una scelta ma un dovere: è folle e gravemente offensivo immaginare che qualcuno abbia voluto far morire delle persone. Solidarietà ai 10.200 donne e uomini della Guardia costiera. Ci tuteleremo nelle sedi opportune”.

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