Sale la tensione in Moldavia. Centinaia di manifestanti del partito filorusso dell’oligarca Ilan Shor sono scesi in piazza nella capitale Chisinau chiedendo le dimissioni della presidente Maia Sandu e le elezioni anticipate. Una parte del corteo – scrivono media moldavi, tra cui Newsmaker – ha cercato di fare irruzione nella sede del governo: dopo essere stati fermati dalla polizia, i dimostranti si sono diretti verso il municipio della città. Alcuni di loro sono stati arrestati a seguito delle tensioni. “Chiediamo elezioni anticipate. Il governo deve pagare le bollette delle persone che sono aumentate più volte per colpa delle autorità. Chiediamo anche che venga osservata la neutralità, come è scritto nella costituzione, in modo che il nostro Paese non sia trascinato in operazioni di guerra“, ha detto Vadim Fotescu, parlamentare del partito Shor.

Secondo il Partito d’Azione e Solidarietà, al governo, le manifestazioni sono un tentativo di “destabilizzare la situazione del Paese”. La protesta, con manifestanti arrivati da tutto il Paese, è stata organizzata dal Movimento per il popolo, che riunisce diverse organizzazioni fra cui appunto il partito Shor. Nei giorni scorsi la presidente, su posizioni filo-occidentali, aveva accusato la Russia di preparare un colpo di Stato a Chisinau per portare la Moldavia nella sua orbita. Il ministero degli Esteri di Mosca aveva poi denunciato presunte manovre militari di Kiev intorno al Paese e in particolare alla separatista e filo-Mosca Transnistria, avvertendo che in caso di attacco ci sarebbero state reazioni. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha affermato che l’Alleanza è “preoccupata per le sfide che sta affrontando” il Paese, “un alleato stretto della Nato”. Gli Usa dal canto loro, attraverso la loro agenzia per la cooperazione internazionale Usaid, hanno promesso di consegnare alla Moldavia ulteriori 300 milioni di dollari di assistenza per aiutarla a superare la grave crisi energetica e a rendersi indipendente dalle fonti energetiche russe. Lunedì la compagnia Wizz Air, come riportato dal Guardian, ha deciso di sospendere tutti i voli per Chisinau a partire dal 14 marzo “a seguito dei recenti sviluppi in Moldavia e del rischio elevato, ma non imminente, nello spazio aereo del Paese”.

La Transnistria sospesa – L’ultima mossa del Cremlino – quasi un segnale per le centinaia di manifestanti scesi in piazza – è stata la revoca del decreto del 2012 in cui si metteva tra gli obiettivi la “soluzione del problema della Transnistria” basandosi “sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale” della Moldavia. Così, il rischio di uno scontro aumenta e una striscia di terra grande 3 volte e mezzo l’area di Roma potrebbe diventare determinante nella guerra tra Russia e Ucraina. L’autoproclamata repubblica si trova all’interno dei confini della Moldavia, lungo la frontiera con l’Ucraina sud-occidentale. Nel 1990 il Paese si dichiarò indipendente in modo unilaterale con un referendum che ottenne quasi il 90% delle preferenze: era il preludio della guerra. Le autorità di Tiraspol rivendicavano di essere il vero Stato moldavo e quando, nel 1991, la Moldavia divenne indipendente dall’Unione Sovietica, inserendo tra i suoi possedimenti anche il territorio della repubblica separatista, lo scontro ci mise poco a divampare. Il conflitto scoppiò nei primi mesi del 1992: Tiraspol, con il determinante aiuto dei russi, sconfisse presto Chisinau. Il cessate il fuoco venne mediato da Mosca, con la conseguente formazione di forze di peacekeeping con contingenti misti di Moldavia, Russia e Transnistria. La tregua raggiunta nel luglio del 1992 stabilì de facto non solo la separazione dei due Paesi, ma anche la permanenza di 1.500 soldati russi nella base militare del villaggio di Cobasna. Qui sono immagazzinate armi che potrebbero rivelarsi fondamentali in un eventuale attacco verso la Moldavia. O verso l’Ucraina.

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