In Europa si torna ancora una volta a parlare di leva militare obbligatoria, un tema che ha ritrovato centralità a causa della guerra in Ucraina e che in Italia vanta il leader della Lega Matteo Salvini come principale sostenitore. A rilanciare il dibattito è stato nei giorni scorsi il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, che ha definito la reintroduzione della coscrizione la soluzione migliore per rispondere alla carenza di personale militare e più in generale alle debolezze dell’esercito del suo Paese. Eppure, ripristinare la leva non permetterebbe di risolvere davvero i problemi della Difesa della Germania, né degli altri paesi europei, considerando la bassa natalità nel Vecchio continente e la necessità di personale sempre più specializzato.

Pistorius non è l’unico ad aver definito la sospensione della leva “un errore”. Lo stesso parere è stato espresso dalla commissaria parlamentare per le forze armate, Eva Högl, che ha fatto sue le lamentele di alcuni ufficiali dell’esercito sulla riduzione del numero dei soldati tedeschi, passati in venti anni da più di 317mila ai circa 183mila attuali. La questione però è stata presto chiusa dagli altri membri del governo che si sono affrettati a bollare la discussione come insensata e a precisare che è necessario pensare a un miglioramento qualitativo dell’esercito piuttosto che a un aumento prettamente quantitativo.

Il dibattito sulla coscrizione obbligatoria, come detto, si è riaperto principalmente a causa della guerra in Ucraina, una eccezione rispetto agli altri che si sono registrati – seppur non su scala così ampia – negli ultimi decenni. Né di caratteristiche proprie della Russia e che non si ritrovano invece nei paesi europei. Prima di tutto va considerato che nel XXI secolo gli eserciti sono dotati di strumentazioni sempre più tecnologicamente avanzate, il cui impiego richiede tempi di addestramento lunghi, una pratica continua e personale adeguatamente specializzato, con costi spesso alti. La leva obbligatoria prevede invece un servizio della durata media di 9-18 mesi, un tempo spesso non sufficiente per rispondere alle attuali esigenze degli eserciti e che in generale non giustifica un elevato investimento monetario.

Tutte considerazioni che interessano ancora di più l’Italia che è già alle prese con un calo dei finanziamenti destinati all’addestramento del personale militare. Nel nostro paese infatti la maggior parte dei fondi destinati alla Difesa viene usata per pagare stipendi e pensioni, con un impatto negativo proprio sull’addestramento, a fronte di un incremento negli ultimi anni dell’acquisto di nuovi e più moderni armamenti. Ripristinare la leva rischierebbe quindi di causare una maggiore dispersione dei fondi, con effetti negativi sulle capacità dell’esercito.

Un altro aspetto che va considerato è quello demografico. Secondo l’istituto di ricerca europeo Eurostat, tra il 1° gennaio 2020 e il 1° gennaio 2021 la popolazione dell’Ue è diminuita di 278mila persone, con l’Italia che ha registrato il calo più alto in termini percentuali (-0,7 percento). Anche la Russia, che pure conta una popolazione più numerosa rispetto al Vecchio continente (e all’Ucraina) e che è quindi in grado di schierare un più alto numero di soldati, sta facendo i conti con la diminuzione della natalità e con le conseguenze che tale calo avrà anche a livello militare, soprattutto considerando le ingenti perdite registrate tra i suoi ranghi e causate anche dalla scarsa preparazione dei riservisti.

In ultimo, una guerra di logoramento come quella Ucraina potrebbe essere destinato a restare un caso unico nella storia dei conflitti moderni. Un eventuale cessate il fuoco riporterebbe il fronte più caldo nel Pacifico. Lì si scontrano da tempo gli interessi degli Stati Uniti e della Cina e che prevede dinamiche diverse rispetto a quelle a cui stiamo assistendo nell’est Europa. Per le forze in campo è infatti più importante poter contare su armamenti tecnologicamente avanzati – possibilmente più della controparte – e su personale militare adeguatamente addestrato che non su un esercito numericamente ingente.

Il ripristino della leva militare, dunque, sarà difficilmente ripristinato in Europa, ma la politica italiana ha comunque trovato il modo per introdurre la formazione militare nella vita dei più giovani. Nell’ultimo anno sono aumentati gli accordi tra gli istituti scolastici, le industrie belliche e le Forze armate nell’ambito del progetto alternanza scuola-lavoro, soprattutto nella Regione Sicilia. Un modo per avvicinare i ragazzi e le ragazze al mondo militare in maniera volontaria, vista la scarsa efficacia della coscrizione obbligatoria.

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