Una denuncia che, se confermata, allungherebbe un’ombra nerissima sul sistema dei soccorsi di Ankara. A metterla nero su bianco sono stati i vigili del fuoco di Valladolid, che hanno fatto parte del team spagnolo di soccorritori arrivati in Turchia dopo il terremoto che, ad oggi, ha fatto più di 41mila vittime. Rientrati nella loro città di provenienza, gli spagnoli hanno fatto sapere che in Turchia gli edifici vengono demoliti prima ancora che sia completato il recupero dei sopravvissuti. “Nel momento in cui abbiamo messo piede ad Adiyaman (una delle città più colpite dal sisma) l’idea con cui eravamo arrivati è stata smantellata” ha detto uno di loro, sottolineando la frustrazione per aver visto demolire interi edifici in cui potevano esserci centinaia di persone, in particolare uno in cui si sapeva che c’erano 180 abitanti e solo 10 sono stati salvati. La testimonianza in questione è stata riportata dall’agenzia Efe.

Erdogan: “Ricerche fino a quando non verrà estratto l’ultimo sopravvissuto” – Una denuncia che, tra l’altro, smentisce clamorosamente le parole di Erdogan. Il presidente turco oggi ha assicurato che le operazioni di “soccorso e ricerca” andranno avanti “fino a che non verrà estratto l’ultimo sopravvissuto dagli edifici crollati”. Non solo. Il presidente ha anche spiegato che sono “250mila i dipendenti pubblici impegnati nelle operazioni di salvataggio”. Operazioni che, ha proseguito, sono state “notevolmente ostacolate” dalle “condizioni meteorologiche” oltre che dalle difficoltà con “l’approvvigionamento idrico”. Erdogan successivamente ha fornito i numeri aggiornati della situazione, sottolineando che sono state estratte vive dalle macerie oltre 8mila persone vive e che oltre 81mila persone ferite nel sisma sono state dimesse dagli ospedali. Nel frattempo continuano i salvataggi miracolosi. È di oggi, ad esempio, la notizia che un uomo di 45 anni è stato estratto vivo dalle macerie della sua abitazione dopo 207 ore dalla scossa di terremoto che ha distrutto AdÕyaman, nell’Anatolia sudorientale. Per il resto, continua ad essere aggiornato il numero delle vittime, che solo in Turchia – stando a quanto comunicato da Erdogan – hanno raggiunto quota 35.418.

“In Siria perlustrato solo il 5% delle zone colpite” – Molto più nebulosa la situazione in Siria, dove secondo le ong presenti nel Paese è stato perlustrato solo il 5 per cento delle aree colpite. Anche per questo motivo non deve sorprendere più di tanto una decisione impensabile solo due settimane fa: oggi il presidente siriano Bashar al Assad ha dato il via libera all’arrivo di aiuti umanitari dell’Onu attraverso la Turchia, senza passare per il governo centrale di Damasco. Uno sviluppo politico, diplomatico e umanitario dopo 12 anni di conflitto armato nel Paese e 9 dalla messa in atto di un meccanismo internazionale per fornire aiuti alle popolazioni siriane che si trovano nelle regioni nord-occidentali in mano ai ribelli antigovernativi. Proprio le zone maggiormente colpite dal sisma, con almeno 200mila sfollati secondo l’Onu, dove finora gli aiuti potevano arrivare tramite un unico valico dalla Turchia. Adesso, con la concessione di Damasco e senza chiedere il permesso al Consiglio di sicurezza dell’Onu, gli aiuti potranno transitare anche da altri due valichi, sempre aperti sul lato turco. Proprio dal passaggio di Bab as Salama, chiuso per gli aiuti Onu da tre anni, sono entrati oggi i primi undici camion dell’Organizzazione mondiale della migrazione (Oim) carichi di coperte, materassi, tende da campo. Poche ore prima, all’altro valico, quello di Bab al Hawa, l’unico fino a ieri utilizzabile, è entrata una delegazione del Programma alimentare mondiale (Pam).

Assad dà il via libera agli aiuti dalla Turchia – Per gli sfollati siriani, che da più di un decennio vivono solo di aiuti internazionali, l’apertura di altri valichi è una speranza di vita. Di loro gli osservatori internazionali hanno detto che sono terremotati di serie b, poiché a causa della situazione di tensione tra ribelli e governo i soccorsi sono arrivati tardi e con il contagocce. E di tutti i salvataggi di cui si è saputo nei giorni scorsi come nelle ultime ore, pochi riguardano il territorio siriano. Ora, secondo gli analisti, l’apertura politica di Assad, sostenuto da Russia e Iran e inviso a buona parte della comunità occidentale, non solo facilita le operazioni di soccorso agli sfollati ma può contribuire ad avvicinare il governo turco a quello siriano. A lungo divisi dalle trincee militari che si sono create in questi anni, adesso sono accomunati dall’interesse di contenere gli effetti disastrosi del sisma. Damasco e Ankara del resto hanno ripreso i contatti tecnici da diversi mesi, con la mediazione di Mosca. Prima del terremoto si attendeva il via libera per una prima conversazione telefonica tra Assad e il presidente turco Tayyip Recep Erdogan. Oggi, un altro timido segnale di normalizzazione dei rapporti tra i due attori mediorientali: all’aeroporto di Aleppo, in una zona controllata dal governo siriano, è atterrato per la prima volta dopo 12 anni un aereo saudita (Riad è rivale di Teheran) con aiuti umanitari destinati alle vittime del sisma.

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