L’attivista 26enne Manuel Esteban Paez Terán, detto ‘Tortuguita’ è stato ucciso il 25 gennaio da un colpo di pistola, durante un blitz della polizia per sgomberare la foresta di Weelaunee, il polmone verde di Atlanta, in Georgia. Al momento le circostanze dell’omicidio non sono ancora state chiarite e l’agente responsabile non è stato identificato. Secondo gli esperti e la stampa internazionale, però si tratta di un gesto “senza precedenti” nella storia dell’attivismo ambientale negli Stati Uniti e segue una tendenza sempre più diffusa a criminalizzare e reprimere le proteste per il clima e la natura. Dal 2016 ad oggi infatti circa venti Stati hanno inasprito le sanzioni per le azioni di disobbedienza civile o hanno introdotto leggi sul ‘terrorismo interno’, con pene per gli ecoattivisti fino a dieci anni di carcere per imbrattamenti o blocchi stradali. Altri quarantacinque stanno valutando la possibilità di limitare le manifestazioni pacifiche e sette hanno processi legislativi in corso.

Teràn si trovava nella foresta di Weelaunee, perché aveva preso parte al movimento ‘Stop Cop City’. Le proteste erano partite nel 2021, dopo che l’allora sindaca Keisha Lance Bottoms aveva annunciato un progetto per abbattere 2 chilometri quadrati di bosco per costruire una Cop City, cioè un centro di addestramento per le forze dell’ordine e i vigili del fuoco dal valore di 90 milioni di dollari. Il bosco infatti rientrava da quattro anni tra le aree verdi previste nello statuto cittadino per abbassare la temperatura nell’area metropolitana di Atlanta, soprattutto nei quartieri vicini abitati prevalentemente da afroamericani. Dal 18 gennaio 2023 un gruppo di attivisti, tra i quali ‘Tortuguita’, si erano accampati nell’area per proteggerla. La polizia ha fatto irruzione nella notte del 25 gennaio per sgomberarla, con un’operazione che coinvolgeva anche l’Fbi e il Georgia bureau of investigation (Gbi) agli ordini del governatore repubblicano Brian Kemp. Dalle prime ricostruzioni Teràn si trovava in una tenda al momento del blitz e gli agenti lo accusano di avere sparato per primo. I suoi compagni e i suoi familiari, di origine venezuelana ma residenti a Panama, negano questa possibilità e chiedono un’indagine indipendente. Non ci sono infatti prove che il 26enne avesse con sé un’arma e le bodycam dei poliziotti non erano attive. La polizia di Atlanta ha fatto sapere che l’agente coinvolto è in ospedale, ma non ha rivelato dettagli sulla sua identità.

Già in passato la reazione delle autorità alle proteste era stata dura. Dallo scorso dicembre diciannove attivisti sono accusati del reato di ‘terrorismo interno’, per aver commesso violazione di domicilio, entrando nella foresta di Weelaunee, aver costruito un campeggio e avere bivaccato tra gli alberi. Il governatore inoltre ha dichiarato lo stato di emergenza, mobilitando mille membri della guardia nazionale. La Georgia però non è l’unico stato a usare il pugno duro contro gli attivisti. Secondo gli analisti, l’ampliamento della definizione di terrorismo, all’indomani degli attentati dell’11 settembre al World Trade Center di New York, ha scatenato un’ondata di arresti, causati dalla così detta ‘paura verde’, e di misure sempre più aspre per chi utilizza la disobbedienza civile per impedire la costruzione di oleodotti o altri progetti fossili. Per esempio, tra il 2016 e il 2017, le forze dell’ordine hanno utilizzato fucili automatici, cannoni sonori, granate a concussione e cani poliziotto sui manifestanti contrari alla costruzione dell’oleodotto Dakota Access sulla riserva di Standing Rock. Sono stati centinaia i feriti, così come le accuse penali e le sanzioni anche verso giornalisti e leader indigeni.

La repressione, secondo gli ambientalisti, passa però anche dal linguaggio utilizzato nelle norme. In Florida, South Dakota e Oklahoma, ad esempio, è considerabile una “rivolta” qualsiasi azione non autorizzata da parte di tre o più persone. Sempre in Florida, in Oklahoma e in Iowa i conducenti che feriscono i manifestanti che bloccano il traffico, come fanno in Italia gli attivisti di Ultima Generazione, godono di immunità legale. In Arkansas, invece, rientra nel “terrorismo” qualsiasi atto che “danni sostanziali” a un “monumento” pubblico, inclusi i graffiti. In ben diciassette Stati controllati dai repubblicani poi i manifestanti rischiano fino a dieci anni anni di carcere e multe da un milione di dollari. L’intento, secondo il movimento ambientalista, è ovviamente quello di scoraggiare le proteste, anche se non soltanto per motivi di ordine pubblico. Nel 2021, per esempio, la società canadese incaricata della costruzione dell’oleodotto Line 3 in Minnesota, ha finanziato, da ciò che è emerso da un’inchiesta, con 2,4 milioni di dollari i salari, i pasti, gli alloggi, le attrezzature e gli straordinari per le forze dell’ordine incaricate di arrestare e sorvegliare i manifestanti contrari al progetto.

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