Per la prima volta in Italia è stato eseguito un trapianto di polmone da vivente: un intervento molto raro, mai effettuato nel nostro Paese e con pochissimi precedenti in Europa, con cui il team sanitario dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha salvato la vita a un bambino di cinque anni. Affetto da una rara patologia del sangue – la talassemia o anemia mediterranea – il bambino ha ricevuto una parte del polmone del padre. Ora entrambi sono in prognosi riservata ma l’intervento, dicono i medici, è perfettamente riuscito. Salvato ancora una volta dal papà. Sì perché il padre del bambino operato a Bergamo aveva già donato a suo figlio il midollo, in un primo trapianto eseguito in un altro ospedale. Ma l’operazione aveva avuto un grave complicanza, causando un danno irreversibile alla funzionalità polmonare del bimbo. Era in pericolo di vita e l’unico modo per salvarlo era eseguire un secondo trapianto, questa volta di polmone. Un intervento chirurgico molto complesso, mai eseguito in Italia fino alla mattina di ieri, 17 gennaio.

La famiglia dei pazienti proviene da un’altra regione e si è spostata a Bergamo per poter usufruire della quarantennale esperienza nel campo dei trapianti e della chirurgica maggiore dello staff del Papa Giovanni XXIII. I medici sono fiduciosi sul decorso post operatorio: in questi casi il rischio di rigetto, particolarmente elevato per il trapianto di polmone da cadavere, è molto basso. Questo perché il sistema immunitario “riconosce” il nuovo organo come proprio.

“L’estrema rarità di questi casi e i limiti tecnici del trapianto da vivente, non lo rendono un’opzione terapeutica di facile applicazione”, ha precisato Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale. “Per questo, diversamente da quanto succede per altri organi – continua – non viene abitualmente considerata un’opzione alla portata di tutti”. L’intervento segna una tappa importante per l’ospedale di Bergamo: “Un cammino intrapreso grazie al pionierismo di Lucio Parenzan nella cardiochirurgia pediatrica e che ci ha portati, anche grazie a Giuseppe Locatelli, alla specializzazione nelle patologie del bambino congenite e acquisite e che, negli ultimi 20 anni, si è rafforzata puntando a un’attività clinica di alto livello sul polmone, anche nell’adulto”, conclude. Seppur possibile, la donazione di polmone da vivente finora è eseguita solo in rari casi e in pochissimi paesi del mondo, soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti. I casi noti in Europa sono pochi: la banca dati EuroTransplant, che mette in rete alcuni paesi dell’Europa centrale, registra due casi negli ultimi dieci anni.

Il doppio intervento di prelievo e di trapianto ha richiesto l’impiego di due sale chirurgiche adiacenti, che hanno lavorato in parallelo. Tutta la procedura in sala operatoria è durata 11 ore. L’intervento è stato guidato e coordinato da Michele Colledan, che ha anche effettuato il trapianto sul bambino. Il prelievo del lobo polmonare destro dal padre donatore è stato eseguito da Alessandro Lucianetti. Le due équipe sono state assistite dalla Anestesia e Rianimazione e dallo staff tecnico ed infermieristico, per un totale di diverse decine di operatori coinvolti.

“Un apprezzamento va a tutto il personale che ha gestito il duplice intervento – ha dichiarato Maria Beatrice Stasi, Direttore Generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII -. Casi clinici così complessi e delicati sono possibili grazie a uno sforzo organizzativo straordinario. Diverse decine di professionisti, ciascuno nel suo ruolo, hanno contribuito in tutte le fasi, nei reparti, nelle sale chirurgiche, nei laboratori, nelle sedi e negli uffici del personale tecnico ed amministrativo. È grazie a questo lavoro di squadra che il nostro Ospedale, una grande azienda pubblica, raggiunge e mantiene standard clinici d’avanguardia, non solo a livello nazionale”.

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