Basta strofinare un po’ sulla lampada magica del ministro dell’Istruzione e del Merito e un tutor magicamente esce. In queste ore il professore di diritto romano, che ha scambiato per un lapsus l’umiltà con l’umiliazione (cosa che non sarebbe accaduta se in viale Trastevere al posto di un accademico ci fosse, ad esempio, il pedagogista Daniele Novara – cito uno per tanti), ha tirato fuori dal cilindro la figura del tutor per ogni classe per i ragazzi in difficoltà.

In queste settimana il ministro ha già creato un tutor per l’orientamento, uno per l’alternanza scuola lavoro e ora arriva anche questo. Nelle prossime settimane, probabilmente, arriverà anche un tutor per l’intervallo; uno per le gite; uno per i collaboratori scolastici. Non potrà certo mancare un tutor per quando si esce nel giardino della scuola o un tutor per i rapporti con i genitori. E poi un tutor per le mense scolastiche ci dev’essere così come Giuseppe Valditara non può non aver già pensato a un tutor per i ragazzi che abitano a più di otto chilometri dalla scuola o per quelli che arrivano in ritardo più di tre minuti per cinque volte consecutive.

Ora il problema evidentemente è un altro: non si vuole realmente affrontare la questione dei ragazzi in difficoltà nel nostro Paese e si fa propaganda. E’ da sempre così: la politica distrae l’opinione pubblica alimentando discussioni infinite sul nulla. Vedi ad esempio la questione cellulare, per la quale vi era persino già la circolare di un ex ministro. Ammettiamo, comunque, sia vero l’annuncio del ministro. Come ha ricordato la Gilda Scuola, in Italia ci sono 370 mila classi: ciò significa avere 370 mila tutor perché in ogni classe c’è almeno un ragazzo in difficoltà. A meno che nella testa del ministro non vi sia già una sorta di “grado di difficoltà” che fa in modo che queste figure siano davvero poche.

A quel punto solo se sei figlio di un detenuto, di un tossicodipendente e vivi nella periferia di Milano accanto a un campo rom hai diritto ad avere il tutor. Altrimenti in ogni classe – spero che il ministro lo sappia – al nord come al sud c’è almeno un alunno/a che fatica perché è da poco in Italia; perché a casa sua non ha strumenti culturali; perché mamma e papà non hanno manco un diploma; perché hanno un’istruzione media, ma non leggono mezzo libro l’anno; perché la famiglia non arriva a fine mese; perché è – come piace tanto definirli ai burocrati della scuola – un “Bes” (bisogno educativo speciale).

Detto ciò, il ministro ha anche detto che il tutor per i ragazzi in difficoltà “dovrà avere una formazione particolare e anche essere pagato di più”. Giusto! Bravo ministro! Ma quanto sarà pagato in più? Cinquanta euro l’anno? Cento? Oppure in base a quanti alunni con difficoltà avrà o forse sulla base della difficoltà dell’alunno?

La verità è che in Italia vengono bocciati ogni anno migliaia (più di dieci mila) bambini fin dalla scuola primaria senza che via sia spesso un progetto su di loro. Spesso ho sentito dire da presidi e professori: “Noi abbiamo mandato la lettera. Abbiamo fatto il nostro dovere”. Lo scorso anno 83 mila ragazzi delle superiori sono stati bocciati per assenze. Ma chi è andato a cercarli? Chi si è chiesto dov’erano?

La soluzione non può essere certo un tutor per classe. Forse abbiamo bisogno, invece, di creare in chi insegna (tutti i docenti di una classe) degli educatori che abbiano strumenti pedagogici e psicologici per affrontare le diverse difficoltà; creare per alcune aree del Paese (nord compreso) dei maestri di strada che vadano a casa dell’alunno che non si presenta a scuola; creare in ogni comune un tavolo di lavoro permanente tra scuola e altre agenzie educative (parrocchie, società sportive, assistenti sociali, procura dei minorenni etc).

Da settimane, come giornalista, sto provando a fare un’intervista (con domande non concordate a far tempo) con il ministro Valditara proprio perché da maestro e giornalista vorrei affrontare questo e altri temi con la dovuta serietà, competenza e senza propaganda. Ma per ora (chissà perché) è stato impossibile.

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