di Michele Sanfilippo

Il recente caso di “presunta” corruzione di Eva Kaili è l’ennesimo gravissimo sintomo di una crisi della democrazia rappresentativa. C’è qualcosa di peggio per un elettore di vedersi tradito da colui che avrebbe dovuto rappresentarlo? Sì, c’è: ed è il fatto che questa persona appartenga all’area progressista, cioè quella parte politica che, più delle altre, dovrebbe rappresentare i ceti più deboli.

Si può anche comprendere, ma non apprezzare, che un rappresentante dei ceti più abbienti usi il proprio ruolo politico per favorire coloro che rappresenta. Ma quando a farlo è un rappresentante della parte avversa il danno è molteplice. Non si tratta solo di corruzione, cosa di per sé già gravissima, si tratta di dare all’elettorato un messaggio gravissimo: siamo tutti uguali. E, un attimo dopo, la democrazia rappresentativa non funziona più.

Solo attraverso questo cortocircuito si possono spiegare l’altissimo numero di persone che non va più a votare e il progressivo successo, in tutto il mondo, delle destre meno vicine al pensiero democratico. I rischi potenziali sono gravissimi ma qualche anticorpo s’è visto. Il successo del 2013 prima e del 2018 poi del Movimento 5 Stelle si spiega anche alla luce di queste considerazioni. Per la prima volta un movimento politico aveva messo al centro del discorso la lotta alla corruzione. La sinistra però è riuscita a stupirmi ancora. Al crescere dei consensi del Movimento 5 stelle è seguito che, invece di far sue quelle sacrosante istanze che nascevano dal basso, la sinistra ha scelto la demonizzazione del movimento.

A ben pensarci questo non avrebbe dovuto stupirmi. Fu proprio Fassino a promuovere la riabilitazione dell’operato di Craxi che culminò, durante il suo mandato da sindaco di Torino, con la promozione in giunta di La Ganga (uno dei luogotenenti del Bettino nazionale). Con Renzi poi il craxismo è diventato sistema.

Purtroppo, da molti anni a sinistra non si concepisce neppure una politica che non sia strettamente intrecciata con i poteri economici. L’idea della politica come servizio è considerata un’ingenua idea da lasciare alle anime belle. Il relativo fallimento dell’esperienza politica del Movimento 5 Stelle non deve però costituire la rinuncia all’idea che un’altra politica sia possibile. Anzi, proprio in questo momento di profonda crisi del Pd, è necessario ridiscutere tutto. Sarebbe bello che, più che di persone, si parlasse di contenuti.

Mi piacerebbe che si parlasse:

• della difesa dei più deboli;
• della difesa dell’ambiente;
• di una legge elettorale efficace (la legge per l’elezione dei sindaci, il cosiddetto “doppio turno alla francese” ha dimostrato di funzionare benissimo);
• l’eliminazione dei listini bloccati (che siano gli elettori ad eleggere i candidati e non le segreterie dei partiti);
• del rafforzamento della scuola e della sanità pubblica;
• di una legge affinché gli editori siano editori puri;
• di una giustizia che funzioni e garantisca la certezza della pena.

Ma, dato che siamo vicini a Natale, temo che questo, più che un programma politico, possa apparire più come una lettera a Babbo Natale.

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