Era il 9 dicembre del 1992 quando Lady Diana che si accingeva a trascorrere il peggior Natale della sua vita a Sandringham. Decise, in accordo con suo marito l’attuale re Carlo III, di rendere pubblica la notizia che il loro matrimonio era giunto al capolinea. La famosa intervista estorta a Diana dal giornalista Martin Bashir durante il programma televisivo “Panorama” dell’emittente di Stato britannica, con quelle dichiarazioni sul “matrimonio troppo affollato”, erano ancora lontane a venire e l’ombra della relazione fra l’allora erede al trono e Camilla Parker Bowles, che tanto contribuì al deterioramento del rapporto coniugale, non fu l’unico motivo che spinse “la principessa del popolo” a mettere la parola fine a quel legame infelice.

L’episodio scatenante in realtà pare risalire al luglio del 1991 quando il primogenito della coppia, William, all’età di 10 anni rimase vittima di un incidente durante una partita di golf alla Ludgrove School di Workingham e dopo essere stato trasportato d’urgenza all’ospedale dovette subire un delicato intervento chirurgico alla testa e restò una notte in osservazione. Quella notte Diana rimase sempre a vegliare il figlioletto mentre Carlo non volle rinunciare ad un impegno mondano e si recò all’Opera per la prima della Tosca in compagnia di un gruppo di esperti che si occupavano di cause ambientali, nonostante il principino fosse stato trattenuto in ospedale per scongiurare eventuali complicazioni. Molto probabilmente Diana, che fino ad allora aveva deciso di mantenere in piedi il matrimonio per il bene dei figli, si rese conto che Carlo oltre ad essere un pessimo marito non si era certo comportato come un padre esemplare e dopo qualche mese ci fu l’ufficializzazione della rottura definitiva.

Ora, a distanza di trent’anni da quella decisione che portò al divorzio della coppia reale nel 1996, Netflix manda in onda i primi tre episodi dell’attesissima docuserie in cui Harry e Meghan raccontano la loro versione della megxit senza risparmiare dure critiche e aperte accuse contro la stampa e l’impossibilità di vivere un’esistenza normale all’interno della Royal Family. Il secondogenito di Lady Diana ripercorre la sua vita rammentando che ogni momento, compreso il periodo dell’infanzia, è sempre stato caratterizzato dalla pressione esercitata dai paparazzi nonostante sua madre “abbia fatto un lavoro strabiliante per proteggere i propri figli”.

Harry si spinge più in là nell’affermare che sua madre è stata “seguita, infastidita e molestata dai fotografi” quando era sposata e ancor più dopo la separazione perché “le donne che entrano in questa famiglia attraverso il matrimonio soffrono” ed è proprio in questa affermazione che è contenuta la prima similitudine fra Diana e Meghan. “Non volevo che la storia si ripetesse perché la mia prima responsabilità è quella di proteggere la mia famiglia, perché la dinamica che si viene a creare è quella di cacciatori contro prede” dice Harry in un documentario che si preannuncia esplosivo.

A far tremare la corona anche perché, oltre ad approfondire le accuse di razzismo rivolte a membri della famiglia reale di cui si era solo accennato nell’intervista rilasciata ad Oprah Winfrey, è un lavoro molto accurato diretto dalla regista Liz Garbus candidata a due Oscar e premiata agli Emmy e si avvale della collaborazione di storici che analizzeranno la situazione del Commonwealth britannico e dei rapporti della stampa con la famiglia reale.

Aspetti che potrebbero mettere ancor più in evidenza il tema del razzismo balzato nuovamente alle cronache in tempi recenti con la vicenda della dama di compagnia della compianta regina Elisabetta costretta a dimettersi dopo essersi resa protagonista di una situazione molto imbarazzante e sconveniente ai danni di un’attivista di colore. Lady Susan Hussey, questo il nome della collaboratrice di Elisabetta II, durante un ricevimento ha rivolto ad una delle invitate, Ngozi Fulani, insistenti domande sulle sue “vere origini” nonostante l’attivista avesse tentato più volte di spiegarle che era nata nel Regno Unito.

Un altro episodio che va ad aggiungersi alla lunga lista di battute infelici e in alcuni casi vere e proprie offese a sfondo razzista, frutto di preconcetti e atteggiamenti xenofobi propri del retaggio culturale di una monarchia che trae le sue origini dal colonialismo e dalla violenza dello sfruttamento economico degli schiavi.

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