È diventata, alla fine, la sfida per il Senato più costosa delle elezioni di midterm. Ma è anche la sfida politicamente e storicamente più importante di questo ciclo elettorale. Il democratico Raphael Warnock e il repubblicano Herschel Walker – due afro-americani – si affrontano nel ballottaggio per il seggio della Georgia. Nessuno dei due candidati ha raggiunto il 50 per cento dei voti al primo turno, l’8 novembre, e quindi si torna alle urne. L’esito del voto avrà effetti importanti sugli equilibri di potere al Senato. Soprattutto, il risultato finale dirà a che punto è la battaglia per i diritti civili in uno degli Stati del Deep South, oggi nel pieno di tumultuose trasformazioni.

A segnalare l’importanza del voto sta il parterre di celebrità che sono calate sulla Georgia in questi ultimi giorni di campagna elettorale. Solo nell’ultima settimana: il concerto della Dave Matthews Band; l’evento di canvassing – la campagna porta a porta – con attrici come Tessa Thompson e America Ferrara; un altro attore, Daniel Dae Kim, e una stilista, Jeannie Mai, impegnati a mobilitare il voto asiatico; fino al comizio di Atlanta della star più luminosa del firmamento democratico, Barack Obama, che in un clima da sermone di una chiesa battista, tra canti, urla, grida di “yeah” e “come on”, ha sottolineato che “non possiamo mollare. Non possiamo essere compiacenti”.

La mobilitazione soprattutto democratica rivela l’importanza che il voto della Georgia ha per il partito di Joe Biden. Al Senato i democratici possono contare su 50 seggi, più il voto decisivo della vice-presidente Kamala Harris. Hanno dunque già la maggioranza; ma quel seggio della Georgia, quel 51esimo voto, è fondamentale. Quel voto permetterebbe di rinsaldare il controllo sul lavoro delle Commissioni, quindi di velocizzare le nomine amministrative e giudiziarie di Joe Biden. C’è poi un altro dato politico significativo. Nei due anni appena trascorsi, Biden si è dovuto spesso impegnare in negoziati estenuanti con Joe Manchin, il senatore moderato del West Virginia che ha fatto valere il suo voto per bloccare o attutire molte delle riforme sponsorizzate dalla Casa Bianca. Con un voto in più, il potere di interdizione di Manchin verrebbe fortemente depotenziato.

Questo è dunque il significato più immediatamente politico del ballottaggio in Georgia. Come si diceva, c’è però nel voto un senso più generale, che rimanda alla memoria collettiva di questo Stato del Sud segnato da un antico e spietato passato di segregazione razziale. Per la prima volta, per un seggio senatoriale della Georgia si affrontano infatti due afro-americani. Il sistema dei due turni fu peraltro introdotto negli anni Sessanta da un legislatore segregazionista, Denmark Groover, proprio per evitare che al primo turno il blocco di voto nero – che nello Stato rappresenta circa il 30 per cento – fosse in grado di prevalere e imporre un proprio candidato. Questa volta, invece, non può esserci ragione di dubbio. Comunque andrà, la Georgia manderà al Senato degli Stati Uniti un afro-americano. Dei circa duemila senatori che a Washington hanno servito, solo undici sono stati neri.

C’è poi tutta una serie di fili che in questa sfida si intrecciano e legano il passato al futuro. Anzitutto, le origini e la storia personale dei candidati. Sia Warnock, senatore uscente, sia Walker, nascono in famiglie non ricche. Warnock cresce in un quartiere di case popolari a Savannah. Walker ha sei fratelli e viene dalla Johnson County, una delle aree rurali più povere dello Stato. Entrambi si fanno strada nei soli due ambiti che, per decenni, sono stati appannaggio degli afro-americani: chiesa e sport, domenica mattina e domenica pomeriggio. Warnock si laurea al Morehouse College, storica istituzione nera di Atlanta, si impegna nel movimento per i diritti civili, studia teologia, fa il pastore all’Abyssinian Baptist Church di New York (dove riceverà Fidel Castro), diventa il predicatore principale alla Ebenezer Baptist Church di Atlanta, la chiesa di Martin Luther King, idolo e modello di Warnock.

Il percorso di Walker è parallelo ma diverso. Campione di football, adorato running back della University of Georgia, Walker non sente lo stesso trasporto di Warnock per il movimento dei diritti civili. Nel 1980 decine di attivisti afro-americani vengono attaccati da una folla di bianchi armati, alcuni di questi del Klu Klux Klan, davanti al tribunale di Wrightsville, la città dove Walker è cresciuto. Gli attivisti neri chiedono solidarietà e sostegno al cittadino più famoso di Wrightsville, Walker appunto, che però declina e decide di non farsi coinvolgere nella disputa. Ancora oggi, come hanno testimoniato diverse interviste e testimonianze di questi mesi, quel rifiuto pesa e brucia. Molti tra gli antichi amici e persino parenti di Walker hanno dichiarato che non voteranno per lui.

Nello scontro Warnock/Walker entrano poi altre questioni che toccano in profondità la vita, la sensibilità, il dibattito pubblico tra afro-americani. Per esempio, il ruolo del maschio nero e le sue responsabilità nei confronti della famiglia. Warnock è stato accusato dalla ex moglie Ndoye di violenze (le sarebbe passato con la ruota di un’automobile sopra un piede, cosa di cui però polizia e medici non hanno trovato prova) e di essersi disinteressato all’educazione e al benessere dei due figli. Walker, cui è stato diagnosticato un disturbo dissociativo dell’identità, ha avuto rapporti particolarmente travagliati con ex mogli e compagne che lo accusano di continue minacce e di pesanti violenze fisiche (in un caso, l’ex star del football avrebbe anche puntato una pistola carica alla testa di una sua amante). Due donne hanno poi dichiarato di essere rimaste incinte di Walker e che lui le avrebbe pagate per abortire. Accuse che non hanno certo aiutato la campagna elettorale di un candidato che oggi si dichiara anti-abortista e pro-vita.

È però proprio la visione complessiva delle relazioni razziali in America che distingue i due candidati. Il repubblicano Walker, la cui candidatura è tra l’altro sostenuta da Donald Trump, ritiene che il razzismo non esista. “Dov’è questo razzismo?”, si è chiesto. “Per me l’America è piena di gente generosa”. Di tutt’altra opinione Warnock, che considera il razzismo il “peccato originale” dell’America, che ha trascorso anni a battersi contro segregazione e pregiudizi e che, proprio dall’aula del Senato dove è entrato due anni fa, ha giudicato gli sforzi repubblicani per limitare il diritto di voto come “un ritorno, in abiti diversi, del Jim Crow”, il sistema della segregazione razziale che regnò negli Stati Uniti tra il 1877 e il 1964.

La differenza di vedute si è riflessa in modo molto netto sugli orientamenti di voto. Il 70 per cento dei bianchi della Georgia ha votato per Walker al primo turno. Warnock, da parte sua, è riuscito a conquistare il 97 per cento del voto afro-americano. La sfida resta aperta per il secondo turno. Il democratico Warnock appare avanti nei sondaggi di un paio di punti, ma molto dipenderà dalla partecipazione al voto. In particolare, da quanto alta sarà l’affluenza tra gli afro-americani e da quanti elettori bianchi decideranno di sostenere l’afro-americano benedetto da Donald Trump. In attesa dei risultati, c’è però un dato che appare significativo. Se il partito democratico mantiene la propria leadership nel voto e nei candidati afro-americani, qualcosa sembra muoversi anche nel campo repubblicano. A queste elezioni di midterm sono stati 28 i candidati repubblicani neri. E al Congresso ci sono in questo momento tre repubblicani neri, il numero più alto dai tempi della Ricostruzione. Qualcuno potrebbe dire, e ha detto, che candidati come Hershel Walker sono moderni Uncle Tom alle dipendenze dei bianchi. Ma il fatto che oggi in Georgia – lo Stato più segregazionista del Deep South, dove gli attori neri di Via col vento non potevano nemmeno partecipare alla prima del film – i repubblicani presentino un candidato nero, è il segno che il movimento per i diritti civili ha marciato, e in profondità, nel cuore della società americana.

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