Il condono allargato previsto dalla manovra del governo Meloni rischia di “attenuare l’effetto deterrente esercitato dalle attività di controllo e di riscossione, inducendo in molti contribuenti, anche non gravemente colpiti dalla crisi indotta dalla lunga pandemia e dall’eccezionale aumento dei costi dei prodotti energetici, il convincimento che il sottrarsi al pagamento dei tributi possa essere notevolmente vantaggioso“. Innalzare il tetto al contante contrasta con la necessità di fare emergere il nero “in quei settori rivolti al consumatore finale ove più diffusi sono i fenomeni evasivi”, dai servizi al commercio alla ristorazione. Togliere l’obbligo di accettare pagamenti con il pos sotto i 60 euro può risultare “non coerente con l’obiettivo di contrasto all’evasione fiscale previsto nel Pnrr”. La Corte dei Conti, nella dettagliata audizione sulla legge di Bilancio depositata in commissione alla Camera e letta dal presidente di coordinamento delle Sezioni Riunite Enrico Flaccadoro, fa a pezzi le misure che strizzano l’occhio agli evasori. E, ciliegina sulla torta, annota che la flat tax allargata a ricavi fino a 85mila euro svuota ulteriormente la base imponibile Irpef e quella incrementale sui maggiori redditi del 2023 arriva a rendere “regressiva” l’imposizione sui redditi. In contrasto con la Costituzione.

“E’ importante conseguire – sottolineano i giudici contabili – significativi miglioramenti in termini di coerenza fiscale, ponendo al centro degli obiettivi pubblici un’efficace azione di contenimento dell’evasione che, nonostante i risultati conseguiti, rimane di dimensioni considerevoli“. Come più volte sottolineato dalla Corte, per far ciò “è necessario che si utilizzino compiutamente le diverse misure di prevenzione e contrasto, che possono concorrere all’innalzamento dei livelli di fedeltà fiscale, favorendo, attraverso l’uso delle tecnologie, l’emersione spontanea delle basi imponibili e supportando la necessaria azione di controllo dell’Amministrazione fiscale; ciò anche mediante l’impiego sistematico dei dati finanziari e, non ultima, un’efficace attività di riscossione“. Ma la manovra fa il contrario: “Non sembrano andare in questa direzione alcune delle misure della manovra che interrompono un percorso intrapreso per la tracciabilità dei pagamenti, che ampliano l’area dei ricavi soggetti a regime forfettario o che propongono regimi di favore che, se consentono di ottenere un incremento del gettito immediato, ipotecano entrate future“.

Segue una disamina, articolo per articolo, della “tregua fiscale” che il governo continua a negare sia un condono. Lo stralcio delle cartelle sotto i 1000 euro? “Comporterà la cancellazione di molte “singole partite” dovute da uno stesso debitore per importi complessivi in molti casi ben superiori alla soglia fissata, nonché di situazioni
nelle quali le partite inferiori alle soglie coesisteranno con partite di importo unitario ben superiore per le quali l’azione di riscossione resta dovuta“, con il risultato che gli 1,6 miliardi di mancate entrate appaiono “sottostimati” e “come già è avvenuto per il provvedimento del 2021” si arriverà perfino alla “rinuncia alla riscossione di posizioni “vive” in quanto interessate a procedure di rateazione in essere per “rottamazione”. Questo a ulteriore smentita della tesi di Giorgia Meloni secondo cui si tratterebbe di “cartelle vecchissime per le quali la riscossione avrebbe per lo Stato un costo superiore a quello che incasserebbe“. In questo modo, continua la Corte, “in assenza di qualsiasi valutazione sulla effettiva situazione di disagio del debitore, si finisce per accordare un beneficio a un vastissimo numero di soggetti”.

La rottamazione quater prevista dall’articolo 47, “anche in questo caso indipendentemente dall’effettivo disagio economico in cui si trova il debitore”, induce “il convincimento che il sottrarsi al pagamento dei tributi possa essere notevolmente vantaggioso”. Peraltro “gran parte delle misure proposte fa riferimento a comportamenti pregressi, posti in essere in tempi non interessati da particolari criticità”. La definizione agevolata dei debiti che emergono da controlli automatizzati sulle dichiarazioni (articolo 38) con sanzioni ridotte al 3% rischia di “aggravare ulteriormente il fenomeno da tempo segnalato dalla Corte, delle imposte dichiarate e non versate”. Gli articoli dal 41 al 44 riducono gli importi oggetto di accertamento o di controversia “in un’ottica fortemente orientata alla prevenzione o alla chiusura delle vertenze anche in presenza di comportamenti fiscali tutt’altro che lineari“. L’articolo 45, consentendo di regolarizzare gli omessi o carenti versamenti dovuti a seguito di rateazioni, “introduce una possibile disparità di trattamento rispetto ai contribuenti che hanno rateazioni in corso che e stanno onorando regolarmente”.

Infine ci sono le misure sul contante. Il tetto ai pagamenti con moneta “fisica” viene innalzato come è noto a 5mila euro e con un tratto di penna si eliminano l’obbligo di accettare pagamenti elettronici se l’importo non supera i 60 euro e dunque le relative sanzioni per i commercianti che li rifiutano. Il documento della Corte ricorda che una riduzione dell’uso del denaro contante, il cui trasferimento – per definizione – non è tracciabile, potenzia l’azione di controllo e, ancora prima, rende le attività criminose più difficili da compiere”. Mentre “la diffusione dei pagamenti elettronici, oltre a garantire la libertà di scelta dei consumatori, costituisce un presupposto fondamentale per semplificare gli adempimenti fiscali e amministrativi, nonché concorre all’emersione delle basi imponibili segnatamente in quei settori rivolti al consumatore finale ove più diffusi sono i fenomeni evasivi”. Non a caso, secondo l’ultima Relazione sull’economia non osservata e
sull’evasione fiscale e contributiva nel 2019 i settori in cui l’incidenza del sommerso sul valore aggiunto è più alta sono Altri servizi alle persone (35,6%), Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (21,9), Costruzioni (20,8). Settori “direttamente interessati al pagamento tracciato e all’uso delle carte elettroniche ai fini dell’introito dei corrispettivi e compensi”. L’alibi secondo cui le commissioni pesano troppo sui bilanci degli esercenti? “Tale affermazione trascura i costi pubblici e privati connessi all’utilizzazione delle banconotee delle monete che le analisi della Banca d’Italia hanno messo in evidenza”. Aver tolto l’obbligo del pos, infine, rischia di metterci in rotta con la Commissione che potrebbe ritenere la decisione “non coerente con l’obiettivo di contrasto all’evasione fiscale previsto nel
PNRR e, segnatamente, con la riforma 1.12 del PNRR (“Riforma dell’Amministrazione fiscale”), nell’ambito della quale la Missione 1 prevede specifiche misure volte, a “contrastare l’evasione fiscale””.

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