La Turchia accusa il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) e le Unità di Protezione Popolare curdo-siriane (Ypg/Ypj) per l’attentato bomba che domenica pomeriggio ha ucciso almeno 6 persone ferendone 81 in Istikal Caddesi, arteria pedonale famosa per i suoi negozi che parte da piazza Taksim e si snoda verso la Torre di Galata. La persona, una donna secondo le ultime ricostruzioni, che ha piazzato l’ordigno a base di tritolo sotto a una panchina è stata arrestata, dice il ministro dell’Interno Souleyman Soylu, insieme ad altri 45 sospettati. La presunta responsabile, identificata come Ahlam Albashir, avrebbe confessato la propria appartenenza al Pkk e di essere entrata illegalmente in Turchia dalla regione di Afrin, nel nord della Siria. La donna sarebbe fuggita in Grecia se non fosse stata arrestata dalle autorità turche. Ma nella mattinata di lunedì, però, il Pkk ha negato di essere coinvolto nell’attentato e anche i curdi siriani hanno smentito ogni coinvolgimento. “Assicuriamo che non abbiamo nessun legame con l’esplosione di Istanbul e respingiamo le accuse che ci sono state rivolte”, ha detto citato dai media siriani, Mazlum Abdi, portavoce delle Forze democratiche siriane a capo della coalizione, sostenuta dagli Usa, che domina il nord-est della Siria e che è ostile alla Turchia.

Ma adesso Ankara passa all’attacco delle organizzazioni curde nel Paese e nella vicina Siria, accusando gli Stati che hanno sostenuto le milizie a prevalenza curda nella lotta allo Stato Islamico nel Paese di Bashar al-Assad. “Secondo i risultati delle nostre indagini, l’organizzazione terroristica del Pkk è responsabile”, ha detto Soylu annunciando gli arresti. “Gli attacchi terroristici contro i nostri civili sono conseguenze dirette o indirette del sostegno di alcuni Paesi alle organizzazioni terroristiche”, ha aggiunto Fahrettin Altun, direttore delle comunicazioni del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. “Se questi Paesi vogliono l’amicizia della Turchia, devono immediatamente fermare il loro sostegno diretto e indiretto al terrorismo”, ha poi concluso. Soylu ha affermato che l’ordine per l’attacco è stato dato a Kobane, la città nel nord della Siria dove si è tenuta una delle più cruente battaglie contro i terroristi di Isis e dove le forze turche hanno condotto operazioni contro le milizie curdo-siriane negli ultimi anni. Parlando poco prima di partire per il vertice del G20 di domani a Bali, Erdogan ha definito l’attentato un “attacco traditore”, aggiungendo che “i responsabili saranno puniti”.

Le accuse lanciate da Ankara si inseriscono nel dibattito nato dopo l’invasione russa dell’Ucraina, con Svezia e Finlandia che hanno chiesto l’adesione alla Nato in funzione difensiva. Adesione che lo Stato sul Bosforo ha per il momento bloccato accusando i due Paesi di dare ospitalità ai “terroristi” curdi. Nei giorni scorsi, dopo le pressioni provenienti dallo Stato anatolico, proprio le due cancellerie europee hanno fatto sapere che le richieste verranno esaudite. Ma nelle ultime dichiarazioni l’attenzione della Turchia si è spostata in particolar modo sull’alleato americano, colpevole di aver sostenuto e foraggiato le milizie anti-Isis in Siria, le stesse che Ankara vorrebbe continuare a colpire nel nord del Paese ampliando la zona cuscinetto già presente al confine turco-siriano che di fatto spezza in due il territorio a prevalenza curda. “Penso che le condoglianze dell’America siano come l’assassino che arriva per primo sul luogo del delitto“, ha accusato Soylu respingendo il messaggio di vicinanza inviato da Washington.

Intanto, dopo che domenica il ministro degli esteri, Antonio Tajani, aveva escluso il coinvolgimento di cittadini italiani, il Prefetto di Istanbul Ali Yerlikaya ha fatto sapere che le sei persone decedute sono tutti cittadini turchi, tra cui una madre e sua figlia, un padre e sua figlia, una coppia sposata e un’altra persona. Su 81 feriti, 50 sono stati dimessi mentre 31 si trovano ancora in ospedale e due sono gravi, ha aggiunto Yerlikaya.

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