Il Governo tedesco ha varato una strategia per la difesa delle paludi, non solo per tutelare un habitat a rischio scomparsa, ma anche per salvaguardare il clima. Le paludi sono un serbatoio di anidride carbonica più consistente delle foreste che, a causa del riscaldamento climatico sono sempre più soggette al rischio di incendi. Queste aree umide coprono però solo il 3% della superficie terrestre, contro il 30% dei boschi.

La capacità di assorbire CO2 deriva dai muschi, che crescendo sopra fogliame, rami e cortecce macerati nel terreno, la raccolgono dall’aria per fotosintesi. Una volta seccato il suolo, invece, il carbonio è libero di legarsi di nuovo con l’ossigeno nell’aria, e rende il terreno più infiammabile.

Originariamente la Germania aveva 1,5 milioni di ettari di paludi, pari al 4,2% di superficie. Oltre il 90% però è stato prosciugato per ottenere suolo agricolo o boschivo. I terreni così ricavati sono responsabili adesso del rilascio di circa 53 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, cioè circa il 7,5% di tutte le emissioni tedesche. Inoltre rilasciano protossido d’azoto, 300 volte più dannoso per il clima rispetto all’anidride carbonica.

“Paludi e terreni paludosi ci aiutano a raggiungere i nostri obiettivi per il clima – ha dichiarato la Ministra dell’Ambiente Steffi Lemke (Verdi) – e offrono anche un habitat unico per piante ed animali. Trattengono l’acqua prevenendo la siccità. Paludi essiccate liberano gas serra e danneggiano l’ambiente”, ha continuato, sottolineando la necessità di tutelarle. “Nelle paludi in Germania è trattenuta tanta anidride carbonica quanto in tutti i boschi tedeschi insieme. Per questo le paludi sono così importanti per la tutela del clima”. La strategia del ministero dell’Ambiente è stata approvata dal Gabinetto di Governo e l’obiettivo è di recuperare almeno 5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, il 10% delle emissioni, entro il 2030.

Sarà quindi stabilito per legge, come parte del programma di difesa del clima a sostegno dell’ecosistema, che la tutela delle paludi che versano ancora in buone condizioni è di interesse pubblico. La sfida più grande sarà però recuperare anche le aree ormai secche delle vecchie paludi per inondarle di nuovo. I terreni sono oggi in gran parte di proprietà privata quindi sarà necessario privare allevamenti e colture di circa un milione di ettari. Per molti potrebbe comportare la perdita della base di esistenza e Lemke vuole puntare sulla volontarietà. Per farlo ha a disposizione un capitale di quattro miliardi di euro, che userà anche per convincere gli agricoltori a promuovere colture e allevamenti alternativi.

Nascerà il paludi-farming. Da un lato la coltivazione di piante che crescono nell’umidità come la stiancia, oppure canne idonee all’edilizia. Dall’altro selezioni di muschi a crescita rapida, che propagandosi più rapidamente e accelerando così la morte delle piante subacquee creeranno strati di torba, preziosa per l’agricoltura. Aumentarne la produzione nazionale ne ridurrà l’importazione.

Aziende di allevamento di manzo potrebbero essere convertite a mandrie di bufalo acquatico, ma la riduzione delle aree di pascolo potrebbe anche far scattare un calo degli allevamenti, riducendo subito i gas serra. Alla Confagricoltura tedesca piacerebbe anche usare i terreni paludosi per impianti fotovoltaici. Si dovranno allagare aree vaste e addirittura villaggi, e l’investimento energetico darebbe un sostegno economico importante ai contadini.

Finora sono stati avviati solo progetti pilota, ma la Federazione ed i Länder avevano già deciso nell’autunno 2021 di procedere al recupero delle aree paludose. Il progetto del ministero dell’Ambiente è stato accolto favorevolmente anche del Naturschutzbund, che si augura però sia realizzato. L’obbiettivo del 2030 non è abbastanza ambizioso e mancano prospettive dopo questo termine. La Germania dovrebbe allagare invece nuovamente 50mila ettari all’anno, se si vogliono raggiungere i traguardi della Convenzione di Parigi, avvertono gli ambientalisti.

Della strategia nazionale di difesa delle paludi beneficerà anche la biodiversità, con il recupero di habitat per la drosera e la venere acchiappamosche, libellule, rane ed altri anfibi, il gufo di palude e il chiurlo. Non viene però indicato nulla rispetto alla possibile ricomparsa di condizioni favorevoli all’incubazione di insetti portatori di malattie malariche e tropicali, già ventilata in relazione al riscaldamento climatico dal Robert Koch Institut in agosto.

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