Secondo i dati dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI), nel 2021 la spesa militare mondiale ha raggiunto il massimo storico di 2.100 miliardi di dollari. Un giro d’affari enorme dal quale dipendono gli equilibri geopolitici e che garantisce profitti astronomici a chi queste armi le produce ed esporta, incentivato dalla crescente insicurezza internazionale che ha seguito lo scoppio della guerra in Ucraina e che ha spinto gli stati ad una precipitosa corsa al riarmo.

Tra questi Paesi c’è anche l’Italia. Il 16 marzo 2022 -neanche un mese dopo l’inizio di quella che il presidente russo Vladimir Putin definisce “operazione speciale” – la Camera dei deputati ha approvato un ordine del giorno che impegna il nostro Paese ad allinearsi alle indicazioni della Nato, aumentando le spese militari. Nel giro dei prossimi sei anni, infatti, l’Italia arriverà a stanziare il 2 percento del prodotto interno lordo, contro l’attuale 1,5.

Nel suo saggio “Crisi globali e affari di piombo. Politica e industrie italiane nel mercato internazionale delle armi da guerra”, in libreria per i tipi di Edizioni Seb27, Futura D’Aprile, giornalista che si occupa di affari internazionali, analizza al microscopio l’export delle armi italiane nel mondo e gli investimenti del nostro Paese nel settore della difesa, mettendo in luce le falle del sistema e le incongruenze fra le disposizioni di legge e le scelte politiche dei governi che nel corso degli anni si sono succeduti.

D’Aprile parte passando in rassegna le differenze fra armi, armamenti e sistema d’arma – una distinzione molto utile per chi si affaccia per la prima volta a questo mondo – per poi analizzare uno ad uno i principali produttori ed esportatori italiani di armi, riportando i loro investimenti e i loro ricavi. Il nostro Paese sembra puntare sempre di più su questo settore, con un bilancio della Difesa che, come fa notare d’Aprile, è in costante crescita. Si è passati, infatti, dai 19.371 miliardi del 2015 ai 20.518 del 2108 fino ai 24.583 del 2021. Neanche durante la pandemia la grande macchina dell’industria bellica italiana si è fermata: le fabbriche di armi, infatti, sono rimaste aperte continuando a produrre, mentre tante altre attività sono state costrette a chiudere.

Non solo crescente attenzione al settore della difesa, però, ma anche acquisizione di una certa postura offensiva da parte del nostro Paese nello scacchiere internazionale. E’ quello che Futura D’Aprile mette in evidenza nel suo saggio, prendendo come esempio emblematico il caso dei droni Reaper che, come riportato nel Documento programmatico pluriennale della Difesa relativo al triennio 2021- 2023, il ministero della Difesa ha deciso di armare. Così facendo, il nostro Paese si è dotato di uno strumento offensivo che sembra essere molto più efficace rispetto ai tradizionali cacciabombardieri dotati di pilota, ma – come si fa notare nel saggio – non tutela in maniera adeguata l’incolumità dei civili. Basti pensare al citato caso del drone americano che nell’agosto 2021 a Kabul ha colpito un’abitazione in cui si credeva fossero presenti membri dell’Isis-K, la costola afghana dello stato islamico. Solo dopo si è scoperto che in realtà nell’edificio non era nascosto nessun combattente islamico. In quell’attacco contro l’Isis che doveva essere “chirurgico”, infatti, sono morti dieci civili, tra cui sette bambini.

Un capitolo a parte, poi, viene dedicato alla legge 185/90 sul controllo dell’esportazione, importazione e transito di materiali di armamento, e che sembra essere violata continuamente e trasversalmente dalle scelte politiche dei governi italiani degli ultimi anni. L’Italia esporta le proprie armi in tutto il mondo, intrattenendo rapporti commerciali anche con stati con i quali – quel tipo di rapporto – non dovrebbe averlo. Paesi autocratici, in cui non vengono rispettati i diritti umani, stati in conflitto o dove le armi importate anche dall’Italia, servono a reprimere il dissenso interno. Dall’Egitto di Al Sisi che, secondo le accuse, avrebbe torturato e ucciso il ricercatore italiano Giulio Regeni, alla Turchia di Erdogan responsabile di diverse violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani, passando per il Pakistan sospettato di non avere mai interrotto i rapporti con i talebani, fino alla Libia con la sua guardia costiera responsabile di gravi crimini nei confronti dei migranti e che, nonostante questo, Roma continua ad equipaggiare e ad addestrare. Tutte circostanze, queste, in cui secondo la legge 185/90, l’Italia dovrebbe astenersi dall’esportare le proprie armi. Eppure, gli affari sono affari, anche se vanno a calpestare i diritti e le libertà individuali.

Quello di D’Aprile, insomma, è un saggio non solo per gli addetti ai lavori, ma soprattutto per chi – neofita- vuole conoscere il mercato delle armi e le dinamiche che ne stanno alla base, non fermandosi alla superficie ma andando in profondità. Come in un puzzle, la giornalista mette assieme tutti i pezzi, fornendo alla fine un quadro complessivo della situazione che a tratti non risulta essere molto lusinghiero per il nostro Paese. Pagine molto utili per capire meglio la realtà di oggi e farsi un’opinione.