La Champions League della Juventus finisce in maniera orribile a Lisbona. Fuori ai gironi, come non accadeva dal 2014. L’ultimo impegno casalingo contro il Paris Saint Germain sarà partita vera, ma solo per capire se i bianconeri potranno sperare in un posto in Europa League o diranno addio alle competizioni continentali, certificando una crisi profonda. Di identità, di voglia, di tutto. Il 4-3 incassato al Da Luz contro il Benfica arriva nel giorno più nero per il club, alle prese con le pesanti grane giudiziarie che da lunedì sera interessano i vertici societari. E sullo sfondo, intrecciato con il fallimento degli uomini di Max Allegri, ci sono proprio i problemi di bilancio. L’uscita prematura dalla Champions sarà certamente una batosta per le casse già esangui della Juventus. Non che in campo ci siano chissà quali segnali di vita. Per un sussulto, uno scatto di orgoglio, una botta di cattiveria agonistica bisogna aspettare l’ultimo quarto d’ora quando i gol incassati sono già quattro.

Ma in fondo il capitombolo contro il Benfica altro non è che l’ultima tappa di una coppa che è parsa più un calvario, con l’abisso toccato in Israele contro il Maccabi Haifa. I portoghesi sono già in vantaggio al 17′ con Antonio Silva, che infilza la difesa morbida a zona dei bianconeri. Chi di corner ferisce, di corner perisce. Perché il pareggio momentaneo di Moise Kean arriva proprio sugli sviluppi di un angolo e dopo il brivido del check al Var perché il suo tocco era stato al limite del fuorigioco. Neanche il tempo di esultare e il Benfica, appena rimesso in gioco il pallone, è già di nuovo in vantaggio: Cuadrado, l’uomo che aveva propiziato il gol dell’1-1, provoca un rigore (tocco di mano, ingenuo) e Joao Mario – come all’andata – trasforma dal dischetto al 28′.

L’ex interista è indemoniato, la benzina di un Benfica che gioca un altro calcio rispetto alla Juve. Ammesso che i bianconeri ne giochino uno. E così al 36esimo Rafa Silva mette il sigillo su vittoria e qualificazione al termine di un’azione che lui avvia, Joao Mario fa lievitare e poi viene rifinita dal centrocampista con un colpo di tacco. Tutto molto bello, tutto troppo per i bianconeri che annaspano e affondano ogni volta che i portoghesi spingono. Un dato per tutti: mai, dal 1968 ad oggi, la Juve aveva subito 3 gol in 45 minuti in un match della prima coppa europea. Succede anche all’inizio del secondo tempo: bastano 5 minuti ai lusitani per piazzare il poker ancora con Rafa Silva, che scatta in mezzo ai due centrali bianconeri superando Szczesny con una scucchiaiata. Orribile la difesa dei bianconeri che in questo momento non sono una squadra da Champions.

Anzi, forse non sono proprio una squadra. Ci vogliono oltre 75 minuti per vederne quindici di carattere, grazie a Milik e Iling-Junior. Solo loro due, insieme a Miretti e Soulè, a spaventare qualche leziosità di troppo dei padroni di casa (e fino a quel momento della partita). Tra il 77′ e il 79′ polacco firma il 4-2 con una bella girata, poi accorcia ancora McKennie. Il merito in entrambi i casi è del classe 2003, strappato al Chelsea, che all’esordio in Champions corre via sulla sinistra imprendibile per chiunque. Tutto in due minuti e altri dieci abbondanti di speranza. Con la Juve sbilanciata, Rafa Silva si fa 50 metri saltando proprio Iling-Junior ma la fallisce il 5-3 mettendo la palla sul palo e subito dopo esce nell’ovazione del Da Luz. Gol sbagliato, gol subito? Quasi, perché Soulé di piatto allarga troppo l’ennesimo cross di Iling-Junior. Servirebbero due reti per restare in corsa, non ne arriva neanche uno. Resta la scossetta finale, un lumicino di speranza in una serata nerissima. Per agguantare il terzo posto e qualificarsi all’Europa League servirà fare un risultato almeno uguale al Maccabi Haifa nell’ultima giornata.

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