Un portale spaziotemporale sul futuro del marchio Alpine: è questo il significato della Alpenglow, prototipo per una sportiva estrema alimentata a idrogeno. Sotto la carrozzeria si nasconde un powertrain fuel-cell: il più semplice degli elementi della tavola periodica, l’idrogeno appunto, viene adoperato per generare elettricità (e vapore acqueo di scarto) attraverso una reazione chimica fra idrogeno – conservato allo stato liquido all’interno di appositi serbatoi – e ossigeno. La corrente prodotta va poi a alimentare il propulsore elettrico, di cui però non si conoscono le specifiche.

Ma non è solo questione di powertrain: la vettura, infatti, anticipa contenuti tecnici e ambizioni del marchio francese, nato da una costola della Renault ma pronto a battagliarsela con brand altisonanti. Insomma, siamo dinanzi a un prologo su quattro ruote.

Il design? Un mix fra i fondamentali estetici della A220 Alpine del 1968 e le forme di… una tuta alare. Le proporzioni generali, complici le dimensioni, sono da hypercar: 5 metri di lunghezza, oltre 2 metri di larghezza e meno di 1 metro di altezza. Una sorta di tappeto volante su ruote, quindi, in cui il pilota è seduto al centro e impugna un volante strettamente derivato dalle monoposto LMP1 da competizione. Da notare i cerchi di lega e le appendici aerodinamiche semitrasparenti.

La posizione delle cromie, oltretutto, non è casuale: sono trasparenti le zone mobili, rosse quelle dove si concentra il calore, nere quelle degli elementi sospensivi. Il blu, infine, è il colore che richiama l’idrogeno e pure la livrea del marchio. Lo stesso che nel futuro a medio termine proporrà in gamma una sportiva compatta, derivata dalla futura Renault 5, un crossover di medie dimensioni e una sportiva progettata in sinergia con Lotus. Tutte elettriche, naturalmente.

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