“Per votare avrei dovuto fare un viaggio di minimo 13 ore“. “Lavoro nella ristorazione e per me la domenica è il giorno più critico, impossibile perdere tutta la giornata“. “Essere obbligati a spostarsi con mezzi inquinanti per partecipare alla vita pubblica del Paese è assurdo”. “È stato più facile votare dall’ospedale che dal Comune dove vivo e lavoro”. Oggi, domenica 25 settembre, gli italiani vanno alle urne per eleggere i propri rappresentanti, ma il diritto alla partecipazione non sarà tutelato per tutti. Anche per questa elezione, i fuorisede saranno i grandi esclusi e non potranno esprimere la propria preferenza se non tornando nel proprio luogo di residenza. Ilfattoquotidiano.it ha raccolto le voci di dieci di loro: 20-30enni che sarebbero voluti andare alle urne, ma non potranno farlo.

In Italia sono 4,9 milioni, più dell’intera popolazione di Milano e Roma messe insieme. Nonostante le proposte di legge depositate alla Camera, le tante petizioni e le dichiarazioni trasversali di tutti i leader politici, nessuna soluzione è stata trovata in tempo. E in tantissimi hanno scelto di non tornare. I motivi sono tantissimi: i costi del viaggio, le difficoltà a organizzarsi con gli impegni universitari e i turni del lavoro. Un ritardo, quello italiano, che si trascina da anni. Basti pensare che una delle prime lettere del comitato Io voto fuori sede per chiedere una soluzione è stata indirizzata nel 2010 a Giorgia Meloni, all’epoca giovane ministra della gioventù del quarto governo Berlusconi. Dodici anni dopo, nulla è cambiato. Chi può permetterselo sceglie di andare a votare sostenendo costi non trascurabili, attenuati solo dagli sconti per rientrare nel comune di residenza. Per chi non può permetterselo, la possibilità di votare non è un diritto che può essere esercitato liberamente.

Esistono alcune agevolazioni per i treni a lunga percorrenza e ad alta velocità e sconti sui voli della compagnia di bandiera, per cui è necessario organizzarsi con ampio anticipo. Spesso, però, per tornare al proprio seggio elettorale i fuorisede devono prendere più di un mezzo di trasporto, con l’alta velocità che si ferma a Salerno. Risultato: il costo complessivo del viaggio parte facilmente da cifre alte e anche con gli sconti il prezzo supera spesso i cento euro. Nel resto dEuropa è possibile votare al di fuori del proprio comune di residenza: in Spagna e in Germania è permesso il voto per corrispondenza, in Francia e in Belgio i fuorisede possono votare in anticipo e in Danimarca vengono allestiti seggi ad hoc. In Italia è stata presentata una proposta di legge il 28 marzo 2019, presa in esame per la prima volta il 5 maggio 2021. Quest’anno l’ong The good lobby ha fatto un appello affinché il nuovo Parlamento adotti una legge entro sei mesi dall’inizio della nuova legislatura e in campagna elettorale è andata a chiedere ai leader cosa intendono fare. Intanto è possibile firmare online una nuova petizione di Io voto fuorisede.

Tra i motivi per cui è difficile garantire il voto al di fuori del proprio comune di residenza, c’è la necessità di garantire la libertà e la sicurezza del voto. Per questo potrebbe essere utilizzato lo SPID, già usato per portare a termine diverse pratiche all’interno della pubblica amministrazione. Nel frattempo, però, milioni di studenti e lavoratori che vivono lontano dal luogo di residenza scelgono di non andare a votare.

Samuele D.S., studente, 19 anni – Quello di domenica 25 settembre sarebbe stato il primo voto per Samuele. La sua tessera elettorale è ancora intonsa. “Sono amareggiato, c’è in ballo il mio futuro e io non posso partecipare. Gli italiani che vivono in Brasile possono votare e io no”. Studia informatica per la comunicazione digitale alle Statale di Milano ma la residenza ce l’ha ancora in Puglia. “Per scendere avrei dovuto spendere 300 euro di aereo. In treno avrei pagato meno, ma per un viaggio di minimo 13 ore, una sfacchinata. Non ho tempo per fare su e giù in un weekend. Ho un esame a ridosso del fine settimana delle elezioni e lunedì inizio i nuovi corsi”. Samuele era ancora indeciso su cosa votare, ci racconta, ma, dice, “sicuramente un partito favorevole all’utilizzo del nucleare”. “Non c’è interesse nell’agevolare i giovani al voto, altrimenti non si spiega perché ci sia ancora questa legge”.

Luca C., giornalista, 30 anni – “Vorrei che questa fosse l’ultima volta in cui non riesco a votare. Spero per le prossime elezioni di aver ottenuto un contratto e una fonte di reddito stabile, in modo da poter spostare la residenza nella città in cui vivo ormai da dieci anni, Pavia”. Per arrivare a Capo d’Orlando, in provincia di Messina, Luca deve prendere almeno tre mezzi. Viaggiando in aereo ci mette circa 10 ore. Con il treno oltre 15. “Lavoro dal lunedì al sabato. O prendo ferie, e in questo momento non ne ho la possibilità, o devo prevedere un massacro fisico che poi influirebbe sul mio lavoro nei giorni successivi. Non posso permettermelo, al di là della spesa economica”. Non ci ha rivelato cosa avrebbe votato, ma è molto dispiaciuto di “non poter contribuire alla vita pubblica del Paese“. Da quando ha iniziato a lavorare, non ha più votato. Non ne ha più avuto il tempo.

Sara, lavoratrice nel mondo della ristorazione, 28 anni – “Ho sempre votato finché vivevo giù. Questa è la prima volta in cui non partecipo alle elezioni”. Sara è di Caserta ma vive a Milano, dove lavora nella ristorazione. “La domenica è il giorno più critico per il mio lavoro, sono occupata sia a pranzo che a cena. È impossibile per me perdere tutta la giornata lavorativa anche perché per arrivare a Caserta in treno servono 6 ore di viaggio. Per fare andata e ritorno mi servono 12 ore, un giorno intero, oltre ai 100 euro per i biglietti. Se mi avessero dato la possibilità di votare nella città in cui ho il domicilio avrei optato per il Movimento 5 Stelle“.

Giorgio Mocci, studente, 23 anni – “La politica mi è sempre piaciuta, la seguo tutto l’anno”, spiega Giorgio, che per la terza volta si trova impossibilitato a esprimere la propria preferenza. Da quando si è trasferito da Bosa, comune sardo, a Bologna per studiare ingegneria informatica non è mai riuscito a tornare a casa per votare. La soluzione non è facile: votare a distanza richiede un’organizzazione logistica non indifferente, spiega, ma senza fare dietrologie ammette che “forse siamo anche un pochino dimenticati” dai politici. Per rientrare a Bosa avrebbe dovuto prendere un aereo, su cui si possono applicare gli sconti riservati ai fuorisede, ma ci sono costi nascosti che per uno studente non sono secondari: “Le riduzioni non riguardano bus e taxi, traporti che bisogna prendere per forza per andare e tornare dall’aeroporto”. Così Giorgio non andrà a segnare una croce sulla lista di sinistra che sostiene da sempre, anche per motivi legati all’università: “Perderei impegni e lezioni che ho qui a Bologna”.

Enrico L.T., studente, 20 anni – “Alla fine ho deciso di scendere nonostante tutto. Per ora ho votato solo per il referendum (quello sulla giustizia del 12 giugno 2022, ndr), è la mia prima volta alle elezioni politiche e ci tenevo”. Enrico sta frequentando l’ultimo anno del corso di laurea triennale in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo a Bologna, ma è nato e cresciuto a Vibo Valentia, in Calabria, dove tuttora ha la residenza. Ci racconta che sono tantissimi i suoi colleghi coetanei che non riescono a tornare a casa per le elezioni, compresa la sua ragazza: “Lei sta a Firenze. Sarebbe voluta scendere con me ma non aveva la possibilità di comprare i biglietti”. Lui è riuscito a organizzarsi per tempo ma alla fine gli sono costati comunque 130 euro. “Una volta arrivato a Lamezia in aereo devo prendere un altro autobus fino a Vibo. Poter votare a Bologna sarebbe stata un’altra cosa, anche in funzione ambientale. Essere obbligati a spostarsi con mezzi inquinanti, come gli aerei, per partecipare alla vita pubblica del Paese è assurdo. Siamo tipo l’unico Stato in Europa, no?”.

Francesco L., assicuratore, 24 anni – “Non sono un grande appassionato di politica, non la seguo molto, ma se avessi avuto la possibilità di votare qui, l’avrei fatto”. Francesco lavora a Milano da pochi mesi, è stato assunto da una nota compagnia di assicurazioni. Prima viveva in Calabria, ha studiato economia a Cosenza. “Ho dato un’occhiata ai biglietti degli aerei per Lamezia ma costavano troppo. Sarei potuto scendere a casa per il weekend e in questo modo andare anche alle urne, ma a questo punto tornerò a casa solo per Natale“. Dice che non sa bene quale simbolo avrebbe barrato: “Alla fine probabilmente avrei scelto , ma non sono convinto”

Francesca Saraga, studentessa, 21 anni – “Non viene data importanza al voto dei fuorisede”. Francesca ha pochi dubbi: sulla sua scelta di non tornare a votare il 25 settembre sono pesati diversi fattori. I seggi apriranno “in concomitanza con l’inizio delle lezioni universitarie. Sono appena arrivata a Milano per l’inizio dell’università e quindi ho deciso di non tornare“. Oltre tre ore di treno per raggiungere Pesaro, con costi non trascurabili. Studentessa di Interpretariato e comunicazione alla IULM, la ragazza spiega che le difficoltà economiche e logistiche che avrebbe dovuto affrontare per andare a votare sono state una cassa di rissona sulla sua incertezza politica. “Ho fatto molta fatica a seguire questa campagna, non avrei saputo a chi affidare il mio voto”, ammette, per poi spiegare che “se il voto fosse stato a portata di mano mi sarei informata leggendo i programmi elettorali, ma in queste condizioni non l’ho fatto”.

Simona, studentessa, 21 anni – “Mi sarebbe piaciuto andare a votare, ma la distanza e il prezzo non me lo hanno permesso”. Studia a Milano nella facoltà di lettere dell’Università Cattolica e più di 1000 chilometri la separano da Lamezia Terme, dove si trova il suo seggio elettorale. Nel 2019 ha votato per la prima volta, ma non era ancora una studentessa fuorisede. Simona si sente vicina al centrosinistra, anche se a questo giro non sarebbe stata sicura di votare in questa direzione. Il problema, però, non si pone: “Dovrei fare avanti e indietro per solo due giorni, non mi conviene da nessun punto di vista“. È stata una decisione sofferta, prima di prenderla Simona ha parlato anche con i suoi genitori con cui alla fine si è trovata d’accordo sul non tornare a casa. “Vorrei che gli sconti fossero più alti”, spiega, perché quando si coprono distanza come quella che la separa dalla Calabria le cifre cui applicare le riduzioni, soprattutto per tornare in aereo, sono molto alte: il prezzo finale è rimasto proibitivo.

Federica, studentessa, 22 anni – “So che il mio voto vale, ma so anche quanto tempo mi porta via tornare a votare”: oltre quattro ore e mezza all’andata e poi al ritorno per raggiungere la provincia di Pesaro partendo da Milano. Per questo non tornerà a casa. L’energia e la concentrazione di Federica, una laurea in Traduzione a Rimini prima di trasferirsi nel capoluogo lombardo, si focalizzano sul suo lavoro: “Mi trovo all’inizio di uno stage, quindi voglio restare qui e sfruttare tutte le possibilità che mi vengono offerte”. Nessuna illusione, il suo voto sarebbe servito e tiene in grande considerazione la partecipazione alla vita politica, tanto che spiega di essere convinta che “il voto possa sempre fare la differenza, per questo vorrei che si potesse esprimere a distanza. Lo farei subito, ma che ci mettessero nelle condizioni di poterlo fare davvero”.

Umberto P., giornalista, 28 anni – “È un diritto, non dovrei prendere due giorni di ferie per fare un caso che potrebbe impegnarmi mezz’ora”. Umberto vive a Milano da 9 anni, ma è abruzzese, per la precisione di Vasto, uno degli ultimi comuni prima del confine con il Molise. “Ho sempre votato nella mia vita. La prima volta l’ho fatto dall’ospedale. È più facile farlo da lì che dalla città in cui vivo e lavoro. Senza fare sforzi incredibili, la legge attuale mi impedisce di votare”. Umberto si occupa di sport, il weekend è il momento più importante della settimana per lui, ma alla fine ha deciso di prendersi due giorni e andare alle urne. “Parto la mattina alle 6, faccio sei ore e rotte di treno, cambio a Pescara e dopo 650 km potrò votare”.

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