È trascorso quasi un mese tra la denuncia per stalking presentata da Alessandra Matteuzzi, la 56enne assassinata dall’ex compagno, e il suo omicidio. Ora, anche la ministra della giustizia, Marta Cartabia, vuole capire se c’è stata una falla nel sistema giudiziario e se si poteva proteggere la vittima. In particolare, è trascorso un periodo di tempo durante il quale non sono stati assunti provvedimenti a carico dell’assassino, Giovanni Padovani, o a protezione della donna.

Così, la Guardasigilli ha chiesto agli uffici dell’Ispettorato di “svolgere i necessari accertamenti, formulando valutazioni e proposte” e la richiesta di chiarimenti è stata inviata alla Procura Generale e al presidente della Corte d’Appello di Bologna. L’obiettivo è capire se si poteva fare di più per prevenire l’ennesimo femminicidio, come sostiene la famiglia Matteuzzi: “La sua morte non è un fulmine a ciel sereno, ma c’erano più segnali di allarme indicati nella denuncia. Se dopo simili atti persecutori non scatta la protezione, i femminicidi non si fermeranno“, sostiene l’avvocato Sonia Bertolini, cugina di Matteuzzi. Ma per il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, “in questa vicenda non si può parlare di malagiustizia”. Amato, intervistato dal Corriere della Sera, afferma di non avere niente da rimproverarsi: “Nessuno poteva prevedere l’esito infausto. Abbiamo fatto tutto con impegno e celerità“. Il procuratore ha quindi ricostruito la vicenda: “La denuncia è stata raccolta a fine luglio ed è stata immediatamente iscritta e assegnata a un collega che, pur essendo in ferie, ha fatto partire gli accertamenti per i riscontri che non potevano concludersi prima del 29 agosto, visto che alcune persone da interrogare erano in vacanza”. Inoltre la denuncia “evocava episodi di stalking semplicemente molesto e spesso via social e non di violenza”. Quindi non c’erano gli estremi per un divieto di avvicinamento o per far scattare una vigilanza sotto casa: “Il fatto che si è verificato è totalmente sganciato da quello denunciato”, ha affermato.

Intanto la questione si arricchisce di ulteriori particolari. Padovani, oltre a staccarle la luce di casa o piombarle all’improvviso sulle scale, le aveva bucato le ruote dell’auto, rubato le chiavi e le metteva lo zucchero nel serbatoio. Molestie che sono state indicate nella denuncia, ma nessuno lo ha fermato. Intanto nel calcio, Padovani, viene ancora descritto come “un ragazzo modello”. Lo dicono a Giarre e a Troiana, dove ricordano quando aveva aderito alla campagna contro la violenza sulle donne. Ultimamente invece si trovava a Sancataldese, in Sicilia, dove militava da appena venti giorni quando si è precipitato a Bologna. Per oggi, 26 agosto, è fissata davanti al Gip, Andrea Salvatore Romito, l’udienza per Padovani, difeso d’ufficio dall’avvocato Enrico Buono. A carico del 27enne, arrestato in flagranza dalla polizia, il pm Domenico Ambrosino ha chiesto la convalida e la custodia cautelare in carcere per omicidio aggravato dallo stalking. Nel pomeriggio il medico legale, Guido Pelletti, eseguirà l’autopsia.

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