A più di due anni dall’inizio della discussione in commissione Giustizia, la legge per l’autoproduzione di cannabis, che prevede la possibilità di coltivare 4 piante per uso personale, il rafforzamento del concetto di lieve entità e l’eliminazione delle sanzioni amministrative sempre per l’uso personale, è approdata alla Camera dove i deputati si apprestano a votarla prima del passaggio al Senato. Il voto era previsto per il 13 luglio, ma l’attività di ostruzionismo della Lega ha poi portato a un ulteriore rinvio. Non si tratta di una vera e propria legalizzazione e non si creerebbe un vero e proprio mercato come avvenuto in decine di Stati Usa, Canada e Uruguay, ma secondo i promotori sarebbe un modo concreto per iniziare a cambiare le cose e dare la possibilità a pazienti e consumatori di prodursi la propria cannabis, senza alimentare la criminalità organizzata che detiene il monopolio del commercio. In Italia, ad oggi, non è un reato consumare cannabis ma lo è produrla.

Nel resto dei Paesi europei la discussione è basata sul merito delle varie proposte, con i governi che analizzano le enormi potenzialità di un mercato che rientra nella legalità che in Usa si è affermato come il volano che sta creando più posti di lavoro in assoluto (430mila a tempo pieno ad inizio 2022), e discutono di un nuovo approccio nei confronti degli stupefacenti che si basi sull’educazione invece che sulla repressione, con Malta che ha di recente autorizzato l’autoproduzione di cannabis, il Lussemburgo che vuole seguirne l’esempio, e la Germania dove il governo sta andando avanti con l’idea di legalizzare la cannabis entro la fine della legislatura dando il via ad uno dei più grandi mercati globali.

Dagli Stati Uniti è ormai evidente che la legalizzazione non ha fatto aumentare né i consumi tra gli adolescenti né gli incidenti stradali, è che i soldi che la cannabis porta nelle casse dello stato (solo in Colorado dal 2014 all’inizio del 2022 su oltre 6 miliardi e 400 milioni di vendite le tasse si sono attestate a quasi un miliardo di dollari) vengono utilizzati per il sociale dando case ai senzatetto, borse di studio agli studenti – giusto per fare due esempi – e facendo informazione sulle sostanze e sui loro effetti. Così come è stata smentita la teoria del passaggio, che vedrebbe – senza nessuno studio scientifico che lo dimostri – la cannabis come porta d’ingresso alle droghe pesanti, visto che proprio negli Usa la stanno studiando e sperimentando come sostanza d’uscita da dipendenze ben peggiori come quelle da oppiacei, alcol o cocaina. Riguardo alla sua pericolosità basta ricordare uno studio pubblicato su Scientific Reports che la classifica come 114 volte meno letale dell’alcol stesso. In Italia, diversi politici di destra, con Lega e Fratelli d’Italia che si oppongono fermamente al disegno di legge, ora continuano a ripetere che la cannabis, visti i problemi dell’Italia, non è una priorità. Tuttavia, i cittadini hanno risposto alla raccolta per il referendum con 630mila firme in meno di un mese, che da anni chiedono che la cannabis sia liberata dal giogo in cui la politica l’ha posta.

Al riguardo Ilfattoquotidiano.it ha intervistato Alfredo Ossino, maresciallo in congedo della Guardia di Finanza, che da anni utilizza la cannabis medica per la patologia che lo affligge. “Innanzitutto il dibattitto è viziato dalla posizione della destra con frasi come ‘la droga è morte’ senza fare distinzioni tra sostanze che sono completamente diverse tra loro. È una posizione che contesto fermamente, così come il considerare la cannabis una droga di passaggio a quelle più pesanti. Si cerca di identificare la cannabis come il male per i nostri ragazzi quando non si parla mai dell’alcol, che è la droga più diffusa, e non c’è bisogno di essere un maresciallo della Finanza per spiegare tutti i danni che fa”.

Lei assume cannabis?
Io ho una prescrizione di cannabis di 3 grammi al giorno con alti livelli di THC, la utilizzo e non sono sballato, riesco a condurre la mia vita, tenermi in forma e fare esercizio fisico ad alto livello, rimanendo lucido.

Cosa cambierebbe se lo Stato autorizzasse la coltivazione domestica di 4 piante?
Che un cittadino che la consuma potrebbe autoprodurla in casa, tenendo sotto controllo la qualità del prodotto e senza alimentare il mercato nero che è in mano a mafia e criminalità, evitando in questo modo il contatto con gli spacciatori di strada che può essere pericoloso. Io sono favorevole anche nel fare un passo in più e cioè a legalizzarla del tutto, in modo che diventi un vero settore economico alla luce del sole, anche perché è una sostanza utilizzata da milioni di cittadini che è impossibile far sparire dalla società. Senza contare poi i problemi di chi la usa a scopo terapeutico.

Quali?
Anche per chi ha la prescrizione, la cannabis in farmacia si trova a fatica. Non solo, perché per come è impostata la legge, ci sono Regioni in Italia e patologie per le quali può essere gratuita, e altre no. Chi la deve acquistare di tasca propria la paga 10 euro al grammo, con piani terapeutici molto costosi e l’accesso alle terapie che invece rimane molto complesso. Il decreto Lorenzin (che autorizza la produzione di cannabis medica in Italia, ndr) è del 2015 e io ho avuto il primo piano terapeutico emesso dall’ospedale nel 2021: quando l’ho mostrato al mio medico mi guardava come se fossi impazzito. Siamo in alto mare.

Quale sarebbe la soluzione?
Se la cannabis fosse resa legale la produzione sarebbe sotto il controllo dello Stato o di aziende con licenza e soprattutto emergerebbe una bella fetta di economia (uno studio della Sapienza prevede un potenziale fatturato annuo di 8/10 miliardi di euro l’anno in Italia, ndr) che permetterebbe di sviluppare un nuovo settore, pagando le tasse e creando migliaia di posti di lavoro, oltre che tutelare davvero la salute dei più giovani, che potrebbero più avanti studiarla e portare avanti la ricerca.

Lei come è arrivato ad utilizzare la cannabis?
Io a 43 anni, nel 2007, sono stato congedato per diversi problemi alla schiena e in particolare a livello cervicale: le ernie comprimevano il midollo e quindi mi si addormentavano gli arti, compreso il braccio destro con il quale avrei dovuto usare la pistola. Dal 2007 al 2013 mi hanno imbottito di oppiacei. Ero arrivato a pesare 90 chili e pensavo che di lì a poco sarei morto, non scherzo: non riuscivo nemmeno a fare 10 passi ed ero pieno di dolori e nausee. Mi sono fatto operare e ho risolto il problema delle parestesie (l’addormentamento degli arti, ndr) ma il dolore cronico è rimasto. Mi sono trovato da solo a cercare un rimedio e l’ho trovato nella cannabis. Da lì, mi creda, io sono rinato: la cannabis mi ha tolto i dolori e mi ha dato l’input per tornare ad una vita normale: io oggi vivo bene, non ho dolori, mi alleno e peso 66 chilogrammi: a 58 anni sono in perfetta forma. L’unica cosa che resta è lo “stigma” di essere un consumatore di cannabis.

Cosa si sente di dire ai nostri politici?
Io sono entusiasta della cannabis: non dovrebbe essere la società a capire come una persona mezza morta, con tutte le certificazioni anche militari che lo attestano, oggi vive bene, salta la corda e fa le flessioni? Io addirittura grazie alla cannabis potrei in teoria tornare a lavorare, anche se nella pratica non si può. Ma perché se è legale da anni, nessun medico me l’ha proposta prima del congedo? In teoria i 18 mesi dell’aspettativa sarebbero serviti proprio per trovare soluzioni per evitarlo. Lei ha presente quanto costa formare un sottoufficiale della Guardia di Finanza? Un sacco di soldi. Bisogna togliere questo monopolio alla criminalità organizzata, che è deleterio per i giovani, per l’economia e per il Paese, anche a livello culturale. Può essere una grande occasione, non dobbiamo sprecarla.

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