In Tunisia è finita la Primavera. Il 92,3% dei votanti del referendum che si è tenuto lunedì 25 luglio (65esimo anniversario della proclamazione della Repubblica, ndr) ha confermato la nuova Costituzione voluta e ideata dal presidente Kais Saied. I dati sono ancora da confermare, in quanto sono exit poll annunciati appena dopo la chiusura dei seggi da Hassan Al-Zarkouni, direttore generale della Fondazione Sigma Konsai, che ha annunciato le stime in diretta tv sul canale nazionale Al-Wataniya Channel One mentre i sostenitori di Saied festeggiavano la fine “dell’era della corruzione” nelle piazze di Avenue Bourghiba. Il tasso di affluenza alle urne, vero banco di prova del “Rais”, è però pari al 27,5%. Secondo infatti quanto dichiarato da Farouk Bouaskar, presidente dell’Autorità Superiore Indipendente per le Elezioni (Isie), solo 2.458.985 elettori su 8.929.665 iscritti hanno votato in patria. L’affluenza così bassa non annulla però il referendum, per il quale non era previsto un quorum.

Durante le votazioni sono stati dispiegati polizia, esercito e unità antiterrorismo. Erano presenti più di 5mila osservatori locali e 120 osservatori internazionali. Molti degli osservatori internazionali affermano che è stato impedito loro di entrare nei seggi elettorali, il che solleva interrogativi sulla sicurezza e sulla trasparenza del sistema di voto. L’Associazione tunisina per l’Integrità e la Democrazia Elettorale (Atide) ha riferito di irregolarità registrate durante le votazioni tra le 18 e fino alla chiusura dei seggi, alle 22. Secondo l’osservatorio Chahed, il silenzio elettorale non è stato rispettato in alcuni seggi attraverso l’accompagnamento degli elettori e le discussioni durante le operazioni di voto. L’osservatorio ha rilevato inoltre una carenza di organizzazione e di attrezzature in alcuni seggi elettorali (mancanza di lucchetti, guasto della piattaforma digitale dell’Alta Autorità indipendente per le elezioni e assenza dei nominativi degli elettori nelle liste elettorali). L’Alta Autorità Indipendente per la Comunicazione Audiovisiva (Haica) ha rilevato diverse violazioni da parte dei media audiovisivi del divieto di qualsiasi forma di propaganda durante il silenzio elettorale. L’Atide ha addirittura indicato nel suo secondo report “violazioni di varia gravità legate principalmente alla continuazione della campagna e alla violazione del silenzio elettorale da parte del presidente Kais Saied nelle sue dichiarazioni alla stampa dopo aver votato”.

Sharan Grewal, professore presso la University College of William and Mary in Virginia, intervistato dal media panarabo Al Jazeera, ha spiegato che l’opposizione potrebbe trarre profitto politico dalla bassa affluenza alle urne. “Dipende da come lo inquadrano. Dimostra che il 72% non sostiene il progetto di Saied”, ha detto Grewal, aggiungendo “ma questo presuppone che stessero attivamente boicottando, non solo non votando”. Grewal ha spiegato inoltre che il modo in cui i movimenti di opposizione convinceranno i comuni tunisini che la maggior parte di loro era contraria al piano “sarebbe quello di tenere una grande protesta” piuttosto che una serie di piccole proteste. Quasi tutti i partiti più importanti del Paese, capeggiati dal movimento islamista Ennahda, hanno infatti boicottato il referendum. Le forze politiche non si sono però unite tra di loro e questo ha giovato le iniziative poco democratiche di Kais Saied che un anno fa congelava il Parlamento, accentrando tutto il potere su di sé e avviando l’iter verso una “nuova Repubblica”.

La nuova costituzione sostituisce la forma di governo semipresidenziale introdotta dopo la rivoluzione tunisina con una forma presidenziale a pieno titolo, conferendo alla presidenza della Repubblica tutti i poteri esecutivi e rimuovendo i controlli e gli equilibri chiave di una democrazia liberale. La carta fondamentale delinea un sistema politico “con un presidente onnipotente, un parlamento impotente e una magistratura sdentata”, ha scritto su Twitter Said Benarbia, direttore regionale del Medio Oriente e del Nord Africa presso la Commissione internazionale dei giuristi (Icj) con sede a Ginevra. Il presidente potrà ricoprire due mandati di cinque anni, ma estenderli se ritenesse che ci sia un pericolo imminente per lo Stato e sarebbe in grado di sciogliere il parlamento; non esiste alcuna clausola che consenta l’impeachment o la rimozione del capo dello Stato; viene limitato inoltre il potere del parlamento e viene introdotta una camera alta, il Consiglio delle Regioni, senza fornire dettagli specifici sulla sua elezione e sui suoi poteri; viene abolito la capacità del parlamento di ritirare la fiducia dal governo a maggioranza assoluta, richiedendo una maggioranza di due terzi per rimuovere l’esecutivo. Vengono mantenuti gli articoli della precedente costituzione che proteggevano i diritti e le libertà, inclusa quella di parola, il diritto di organizzarsi in sindacati e il diritto a riunioni pacifiche. Tuttavia, giudici, polizia, esercito e funzionari doganali non avrebbero il diritto di sciopero. Secondo quanto riporta Associated Press, i critici avvertono che la nuova struttura politica di Saied potrebbe aprire la strada a una nuova autocrazia nel Paese che si era sollevato contro l’ex dittatore Zine El Abidine Ben Ali nel 2011, dando il via alle proteste della Primavera araba a favore della democrazia. I sostenitori di Saied credono invece che la sua nuova costituzione semplificherà il sistema di governo e diminuirà finalmente il caos politico dell’ultimo anno.

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