Covid e diabete: un legame che si è manifestato fin dall’inizio della pandemia. Anche se, ancora oggi, molti meccanismi sono poco chiari. Ora, in uno studio pubblicato su Metabolism, i ricercatori dell’Università di Osaka in Giappone ipotizzano che il Covid-19 potrebbe addirittura innescare il diabete, a causa della capacità del virus di interferire con la segnalazione dell’insulina nell’organismo. Il diabete, infatti, è causato da un difetto nella funzione o da un deficit di produzione dell’insulina.

I ricercatori giapponesi hanno scoperto che l’infezione da SARS-CoV-2 attiva il gene IRF1 che codifica il fattore regolatore dell’interferone 1, alterando le vie di segnalazione dell’insulina e dell’IGF-1 nel polmone, nel fegato, nel tessuto adiposo e nelle cellule pancreatiche.

Era già noto da tempo che la malattia potesse avere effetti dannosi ben oltre i polmoni e anche danneggiare altri sistemi di organi. Di recente, il presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) Agostino Consoli ha dichiarato che le persone con diabete e obese che contraggono l‘infezione hanno un rischio di andare in ospedale, in rianimazione e morire dalle due alle quattro volte più alto. Inoltre, altri studi hanno dimostrato che il long Covid può aumentare i livelli di glucosio nel sangue tra le persone con diabete di tipo 1 e 2.

In questo studio, i ricercatori hanno scoperto che l’interruzione della regolazione della glicemia può portare a un diabete di nuova insorgenza. Tuttavia, non è chiaro come l’infezione con il virus SARS-CoV-2 determini questi effetti.

I risultati di questo nuovo studio giapponese “sono sorprendenti”, afferma Iichiro Shimomura, autore dello studio. “L’infezione da SARS-CoV-2 ha influenzato l’espressione dei componenti della via di segnalazione dell’insulina e dell’IGF-1 nel polmone, nel fegato, nel tessuto adiposo e nelle cellule pancreatiche. Inoltre, questi cambiamenti sono stati in parte attribuiti all’attivazione del fattore di regolazione dell’interferone 1 (IRF1)”. “Le vie di segnalazione dell’insulina e dell’IGF-1 sono elementi chiave nella regolazione del metabolismo energetico e della sopravvivenza cellulare”, afferma Jihoon Shin, primo autore dello studio. “Pertanto, sospettavamo che il SARS-CoV-2 influisse su questo percorso causando problemi con la regolazione della glicemia”.

Per avere prova di ciò, i ricercatori giapponesi hanno analizzato set di dati di espressione genica di pazienti, nonché modelli in vivo e in vitro infettati da SARS-CoV-2. Poi, hanno cercato specificamente i geni che erano notevolmente sovra o sotto espressi rispetto a pazienti non infetti.

Ulteriori indagini hanno mostrato che l’espressione di IRF1 è elevata nei pazienti più anziani, negli uomini, negli individui obesi e nei pazienti con diabete. L’effetto sinergico di fattori come l’età avanzata, il sesso maschile, l’obesità e il diabete con SARS-CoV-2 significa che l’espressione di IRF1 si verifica a una velocità maggiore, il che potrebbe spiegare perché questi pazienti sono più vulnerabili a Covid-19. Inoltre, i pazienti critici con Covid-19 avevano un’espressione IRF1 più elevata e geni della via di segnalazione dell’insulina e IGF più bassi nel sangue rispetto ai pazienti non critici. Infine, il trattamento delle cellule infettate da SARS-CoV-2 o di un modello animale con fattori ormonali che hanno ridotto l’espressione di IRF1 ha migliorato la segnalazione di insulina e IGF.

I risultati suggeriscono che l’infezione da SARS-CoV-2 altera la segnalazione di insulina e IGF aumentando l’espressione del fattore regolatore dell’interferone 1, interrompendo così il metabolismo della glicemia.

“La diminuzione dell’espressione di IRF1 mediante il trattamento con fattori come il diidrotestosterone e il desametasone potrebbe aiutare a mitigare gli effetti di COVID-19″, afferma Shin. Dato l’impatto devastante sia del Covid-19 che del diabete a livello globale, i ricercatori sostengono che c’è la necessità di individuare nuove strategie volte a ridurre l’effetto della malattia sul metabolismo della glicemia. In particolare, alla luce di questo studio, è necessario identificare i pazienti a maggior rischio e intervenire per diminuire l’attivazione di IRF1, evitando nelle popolazioni suscettibili alcune delle gravi conseguenze del Covid-19.

Lo studio

Lella Simone

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