Stare al governo fa male alle urne? Se lo chiedono ai piani alti della Lega e del Movimento 5 stelle, nel day after di un turno elettorale segnato dal flop delle liste del Carroccio e da quelle del M5s. Con il risultato che qualche reazione potrebbe coinvolgere presto anche gli equilibri interni al governo di Mario Draghi. I dati del voto dicono infatti che a destra la Lega è stata definitivamente superata da Fratelli d’Italia, anche nelle storiche roccaforti del profondo nord. I 5 stelle, invece, ottengono risultati molto al di sotto delle attese: “l’effetto Conte”, che avrebbe dovuto limitare le perdite, non si è visto.

La provocazione di Meloni agli alleati – E quindi sia nel centrodestra che tra i 5 stelle il giorno dopo il voto è animato dalla stessa domanda: conviene rimanere un altro anno al governo con Draghi? Ieri era stata Giorgia Meloni a provocare gli alleati. “Queste elezioni sono un avviso ai naviganti: i cittadini vogliono un centrodestra non ondivago e chiaramente alternativo alla sinistra”, diceva la capa di Fdi, festeggiando per i risultati che lavedono ormai leader della coalizione. Meloni, però, è anche capo dell’opposizione a Draghi: ecco perché, subito dopo, ha chiesto a Lega e Forza Italia di scaricare l’esecutivo: “Occorre fare una riflessione: il voto amministrativo ci interroga, lo dico agli alleati, se bisogna ancora tenere in piedi Draghi…”. Un concetto ribadito con maggior forza poco dopo: “Se chiedo a Berlusconi e Salvini di lasciare il governo? Io non pongo le questioni così, ho detto quello che volevo dire e gli altri faranno le loro valutazioni, fossi in loro lo farei…”. Matteo Salvini, sorpassato ormai ovunque da Fdi, ha risposto a distanza: Non confondiamo il governo di Belluno e di Palermo con gli enormi problemi che l’Italia dovrà affrontare”. Oggi, però, non nasconde una certa insofferenze: “Stare al governo col Pd è impegnativo“.

I malumori della Lega: “O il governo cambia o andiamo via” – Nel Carroccio, però, la linea del segretario potrebbe non essere più maggioritaria. “Se per la Lega sarà più difficile stare al Governo questo autunno? Fosse per me, io sono abbastanza stanco… “, ha detto Lorenzo Fontana, numero due di via Bellerio. “Sono un uomo libero e dico che se l’obiettivo di questo Governo era quello di tentare che ci fossero il meno possibile di problemi economici dopo la pandemia era giusto provarci e sono convinto che quella scelta sia stata giusta in quel momento. Nel momento in cui però non vedo che i nostri cittadini hanno un riscontro positivo, la Lega risponde all’elettorato, non a qualcun altro, risponde ai propri cittadini”, ha proseguito l’ex ministro del governo gialloverde in un’intervista a “Quarta Repubblica” su Retequattro. “Lo sanno tutti come la penso – ha continuato Fontana – se la Lega non è lì per incidere allora tanto vale che non ci stia. La Lega non è un movimento che governa per governare ma per stare insieme ai propri cittadini e i cittadini in questo momento hanno un enorme difficoltà e io non voglio tornare sul mio territorio dovendo vergognarmi o essendo in difficoltà perché questo Governo non pensa ai cittadini”. Insomma una posizione molto diversa da quella di Salvini: “Questa – ha aggiunto – è una riflessione che la Lega deve fare perché in autunno sarà molto peggio di adesso. O il Governo cambia e inizia a pensare a quello che interessa ai cittadini o altrimenti faremo le nostre scelte. Poi sarà Salvini ovviamente che ci penserà con tutti gli altri molto più bravi e preparati di me. Però io da uomo libero e leghista – ha concluso – penso di poter rappresentare comunque una parte di quello che la Lega pensa in questo momento, che forse non è neanche particolarmente minoritaria”.

Conte: “Sofferenza per il nostro appoggio al governo” – Che il sostegno al governo possa aver inciso sul flop alle urne è un concetto che gira anche ai piani alti dei 5 stelle. “Sicuramente è un dato che riscontro, giro l’Italia e molti vivono con sofferenza il nostro appoggio al governo“, ha ammesso Giuseppe Conte in un colloquio con Il Fatto Quotidiano. L’ex premier, però, esclude al momento di prendere scelte in tal senso: “Non si stacca la spina al governo per un tornaconto elettorale – precisa il numero uno del Movimento -. L’alleanza con i dem non c’entra nulla, il problema è tutto interno a noi, il M5s non riesce a stare sui territori. Dobbiamo fare ammenda, siamo in ritardo sul completamento dell’organizzazione”. Per Conte “l’importante è l’orizzonte politico del fronte progressista, le cose da fare, come il salario minimo. E poi le alternative quali sarebbero? Ho girato il Paese, Italia Viva non è pervenuta. Calenda? Ha sostenuto candidati già forti di loro”. Il riferimento è ai messaggi inviati dal leader di Azione in direzione del centrosinistra: “A Palermo il Pd ha detto non ci sediamo neanche con Azione perché i 5 stelle fono fortissimi. Hanno preso il 5%, noi l’8% e il nostro candidato il 15%. E’ come se Provenzano, Boccia, Zingaretti, Bettini, un’ala del Pd cerchi in tutti i modo di abbracciare un movimento che si sta liquefacendo. Sono fatti loro, io non faccio politica per non far vincere gli altri ma per proporre qualcosa”, ha attaccato Calenda. Enrico Letta, da parte sua, vede il Pd essere il primo partito del Paese nonostante un sostegno tout court all’esecutivo. Il segretario dem punta ancora a un campo largo in vista delle politiche: “Il tema non è escludere o mettere veti. Questa destra la battiamo solo con le alleanze – dice il segretario del Pd -. Lo dico soprattutto a Carlo Calenda, che è stato eletto con il Pd più volte. C’è una destra competitiva e forte, vinciamo solo se uniti. E per avere successo serve un’alleanza guidata da un grande partito. Essere primi è la consacrazione del grande lavoro fatto”.

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