Il giubileo per il settantesimo anno del regno di Elisabetta II si è svolto in una Londra semideserta. Dietro le immagini della folla che sventolava le bandierine o che guardava in cielo le piroette degli aerei da caccia con la loro lunga coda bianca, rossa e blu, nelle strade c’erano pochissime auto ed ancor meno persone. Con quattro giorni di vacanza consecutivi caduti nella settimana di half-term, quando le scuole chiudono per la pausa trimestrale, i londinesi si sono concessi una meritata vacanza di tarda primavera lontano, il più lontano possibile da Buckingham Palace.

La monarchia britannica nell’era post Covid è infatti sempre più anacronistica e fuori tempo. L’Elisabetta che siè affacciata dal bancone della residenza londinese circondata dai pochi membri della famiglia reale non oggetto di scandalo appariva piccola, quasi surreale mentre osserva in cielo le peripezie dei piloti della Royal Air Force. Con indosso un soprabitino celeste, la monarca sembrava una statuina vintage di Wedgwood, un vecchio soprammobile in bella vista al centro di una serie di eventi costati al bilancio dello Stato 28 milioni di sterline.

Nonostante la campagna mediatica, il marketing del giubileo, ed il carisma della regina la nazione questa volta ha snobbato le festività. Accusata da molti di aver pagato di tasca propria il patteggiamento per evitare che le accuse di pedofilia del figlio Andrew sfociassero in tribunale, la regina non è più così popolare come un tempo. Quel gesto da madre e da monarca non solo non è piaciuto a molti, ha anche messo in evidenza l’inutilità di un’istituzione che appartiene al passato.

La regina Wedgwood è la sovrana di un Regno Unito molto diverso da quello di settant’anni fa. Al suo posto c’è una nazione profondamente divisa, che non si riconosce né nella famiglia reale, in quanto altamente disfunzionale, né nel primo ministro, personaggio grottesco, né nei partiti ormai privi di un’agenda politica per il futuro. Un bilancio questo non stellare per una donna che davvero ce l’ha messa tutta per servire la nazione, ma che ad un certo punto ha dovuto fare i conti con l’assurdità dell’istituzione della monarchia.

Forse Elisabetta II avrebbe dovuto riformarla decenni fa, dopo le denunce della Principessa Diana. Forse se avesse abbracciato il modello scandinavo, abbandonato la gran pompa, smesso di mantenere figli, nuore, nipoti e cugini in cambio di strette di mano o tagli dei nastri. Se Elisabetta II avesse continuato ad essere la professionista che è ed avesse mandato il resto dei membri della famiglia reale a lavorare, forse oggi la nazione sarebbe più gentile con lei. Forse.

Il bilancio più realista degli ultimi settant’anni, comunque, è quello dei dati e Bloomberg ne ha prodotti alcuni sulle differenze tra il 1952 ed il 2022.

Nel 1952 Wiston Churchill era primo ministro, oggi c’è Boris Johnson. Nel Regno Unito era in vigore il sistema di pesi e misure imperiale che Johnson vorrebbe reintrodurre sulla scia della Brexit. L’aspettativa di vita era 63 anni oggi è 81, il settore manifatturiero assorbiva il 29 per cento dei lavoratori, oggi è appena il 7 per cento; l’inflazione era all’11 per cento oggi è al 9 per cento; una pinta di birra costava 6 pennies oggi costa quattro sterline; il prezzo medio delle case era di 2mila sterline, equivalente a tre volte lo stipendio medio, oggi è di 260 mila sterline, pari a sette volte lo stipendio medio; il Regno Unito contribuiva per il 9 per cento alle esportazioni mondiali, oggi appena al 2 per cento; nel 1952 il Regno Unito era responsabile per l’8 per cento delle emissioni mondiali di CO2, oggi lo è per l’1 per cento; la difesa contava 872 mila militari, oggi sono appena 148 mila.

Piccoli miglioramenti accompagnai al declino del Regno Unito quale potenza economica mondiale. Questo il sunto della comparazione. Andata è la grandezza dell’impero e con essa anche quella della famiglia reale, andato è anche l’eroismo e lo stoicismo della seconda guerra mondiale. Il moderno Regno Unito non ha bisogno di una monarchia disfunzionale e poco professionale diventata lo specchio del suo declino, né può permettersi di spendere 67 milioni di sterline l’anno per mantenerla. Il Regno Unito ha bisogno di un cambiamento radicale che forse arriverà quando la regina Wedgwood non ci sarà più.

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